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Violenza sugli operatori sanitari: una vera e propria emergenza nazionale

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DonnaPicchiata

Vi proponiamo la testimonianza del collega Vincenzo Minervino in servizio al Cardarelli di Napoli, che riporta l’ultimo episodio di violenza sugli operatori sanitari che si sommano ai tanti già denunciati e che mettono a rischio la sicurezza dei nostri colleghi. Noi crediamo che i livelli di sicurezza vadano rafforzati prima di dover assistere in futuro ad altri episodi di cronaca e prima che succeda l’irreparabile. Gli infermieri non sono più disposti a sacrificarsi, per cui ci chiediamo quanti altri episodi di violenza dovremmo leggere prima che si affronti seriamente questa problematica? La politica dovrebbe intervenire al più presto, la VIOLENZA SUGLI OPERATORI SANITARIA è ormai diventata un’emergenza nazionale.

Di seguito il racconto del collega ripresa da “IL MATTINO”.

“Ho i segni sulla spalla e sul torace. Sono afflitto da problema cardiaco, peso 110 chili. Ho accusato un malore e temuto di avere un ictus, poi mi hanno accompagnato in ambulanza dal reparto di prima pneumologia al pronto soccorso”. Vincenzo Minervino, 42 anni, dal 2003 infermiere al Cardarelli, racconta l’ultimo episodio di violenza in corsia, che si aggiunge ai 30 registrati dal 2005.

Che cosa è accaduto?

“Per spiegare, è importante chiarire questo: in reparto era ricoverata una donna in gravissime condizioni, uscita a inizio giugno dalla terapia intensiva. Poi le sue condizioni sono peggiorate ed è morta. Ma noi abbiamo fatto tutto quello che era umanamente possibile”.

Quando è morta la paziente?

“Alle 19.20 di venerdì. Accanto a lei, c’era anche un’assistente qualificata messa dai familiari che li ha avvisati. D’improvviso uno scalmanato è entrato, urlando e chiamandoci assassini e si è diretto verso il medico di guardia”.

Urla, e poi?

“Ero in medicheria, e sono intervenuto per difendere il medico”.

Come?

“Mi sono interposto tra il medico e l’aggressore e sono stato strattonato con violenza: ho avvisato le guardie giurate che sono intervenute e hanno fermato l’aggressore che lo stesso medico di guardia a quel punto cercava di tranquillizzare. Ho preteso anche l’intervento delle forze dell’ordine”.

Gli altri due suoi colleghi come sono stati feriti?

«Stavano preparando la salma per il trasporto all’obitorio. Una è stata aggredita da un altro parente della paziente: mani al collo e graffi. E il collega che ha diviso le due donne ha avuto un malore».

Che dice il referto?

“Oltre alle contusioni, ero in stato di agitazione. Sette giorni refertati a me, sei alla collega, quattro all’altro infermiere”

È la prima volta che viene aggredito?

“Assolutamente no. Queste aggressioni si ripetono spesso e volentieri, ma spesso sono soltanto verbali: è successo due volte solo nell’ultimo mese. Finora non avevo denunciato, ma questa volta lo ho fatto. Vado a lavorare, non a un incontro di boxe. Sono stanco di lavorare difendendomi, ho bisogno di serenità per assistere gli ammalati e purtroppo questa tranquillità non c’è. Siamo tutti sempre sul chi va là. E questo accade perché assistiamo pazienti in sovrannumero: ieri avevamo trenta pazienti per ventuno posti letto”.

E il personale?

“Tre infermieri di turno più il medico di guardia, che però nel pomeriggio si occupa di seguire i pazienti dell’intero padiglione”.

Quindi le aggressioni sono provocate anche dai disagi?

“Il classico litigio avviene quando arrivano pazienti in barella dal pronto soccorso. Si aspettano di trovare il posto letto che invece non possono avere. Naturalmente, se la prendono con noi. Non c’è privacy e in più non rispettano determinate regole. Ma la maggior parte dei litigi avviene con i parenti”.

Ad esempio?

“I familiari pretendono di assistere a tutte le fasi della medicazione e addirittura dirigere il processo di cura. Ma io devo fare quel che dice il medico. Per questo, avvengono feroci discussioni”.

Altri casi?

“In tutto l’ospedale il numero di operatori socio-sanitari è insufficiente. Ciò significa che dobbiamo provvedere noi infermieri a distribuire la cena o a cambiare i pannoloni. Tempo rubato all’attività infermieristica, ma quando un familiare chiede un intervento, non capisce che non posso toccare le feci, mentre sto distribuendo le medicine”.

Fonte www.ilmattino.it

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