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Un microchip impiantato nel corpo umano per diagnosticare precocemente i tumori

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Un microchip impiantato nel corpo umano permetterà di
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Un ambizioso progetto è stato presentato alcune settimane fa presso la Sala Consiliare del Palazzo Ateneo dell’Università di Bari.

Si tratta del progetto SiMBiT, acronimo di “Single molecule bio-electronic smart system array for clinical testing: in tre anni e mezzo porterà alla creazione di un dispositivo biomedicale capace di rilevare la presenza di marcatori, anche a concentrazioni estremamente basse.

Lo scopo di tale ricerca sarà quello di individuare precocemente i primi segnali delle patologie neoplastiche nell’uomo.

“SiMBiT” è stato ideato dal Dipartimento di chimica dell’Ateneo Aldo Moro di Bari. Si tratta di un sistema smart in grado di scoprire patologie progressive prima dell’insorgenza dei loro sintomi. Questo permetterà di sostituire le biopsie con delle semplici analisi del sangue.

 

“Un dispositivo – spiegano gli addetti ai lavori – in grado di segnalare la presenza della malattia prima ancora che i sintomi siano evidenti. Il progetto sarà subito messo in pratica per un analisi precoce del tumore al pancreas”.

 

“Una grande soddisfazione – spiega il rettore Antonio Felice Uricchio a margine della conferenza di inaugurazione alla quale hanno partecipato tutti i partner del progetto di cui l’Università di Bari è capofila – il progetto riunisce al tempo stesso competenze scientifiche, si colloca all’interno di una rete europea molto competitiva ed è un  progetto in grado di valorizzare i risultati della ricerca e di offrire al mondo delle imprese e della salute delle soluzioni che posso affrontare patologie serie”.

 

“Siamo orgogliosi – prosegue – perché appunto conferma il processo di crescita del nostro Ateneo e siamo orgogliosi di essere capofila e parte di un network internazionale, consapevoli che questi risultati possano contribuire in modo significativo a guardare con maggiore serenità al nostro futuro per la grande utilità che potranno avere”.

“Il dispositivo che saremo in grado di realizzare grazie a questo progetto – ha sottolineato la coordinatrice Luisa Torsi del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Bari – è un dispositivo biomedicale in grado di effettuare analisi chimico-cliniche. Il grande elemento di novità, ovvero la sua caratteristica fondamentale è quella di essere estremamente sensibile.

Il nostro dispositivo riesce a vedere delle concentrazioni infinitamente basse della singola molecola. Quindi dato un fluido biologico, se c’è un marcatore di una malattia come il tumore, il dispositivo riesce a rintracciarlo quando è presente a concentrazioni bassissime, cioè quando la malattia è appena cominciata. Il potenziale è enorme – ha concluso – e potrebbe rivoluzionare la diagnostica”.

Simone Gussoni

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