L’Azienda sanitaria di Treviso, come altre del Veneto, ricorre sempre più spesso al sistema delle cooperative.
Stremata dalla riduzione delle risorse, tallonata da norme sempre più rigide sulle assunzioni, fiaccata dai concorsi che vanno a vuoto a causa della carenza di specialisti, l’Ulss 2 Marca Trevigiana, come un po’ tutte, ricorre al sistema delle cooperative. Un fenomeno che sta rapidamente crescendo in tutto il Veneto: nella Marca sono stati arruolati con questo sistema una cinquantina di medici. E il monte ore, solo per il comparto dell’emergenza, è di 438 settimanali, che saliranno tra poco a 606.
Le coop a cui l’Azienda sanitaria attinge sono diverse: tra le principali, la Castel Monte di Montebelluna, la Imet di Crespano, la Medical Line Consulting di Roma. Una formula che non piace ai sindacati: “È una sanità fai da tè da far west – insorge Anaao-Assomed -. L’affidamento di servizi a coop con appalti fittizi, fornisce solo ore di lavoro anonime, con l’inserimento di personale esterno integrato abusivamente nel ciclo lavorativo pubblico, prescindendo dal risultato e dalla qualità e sovvertendo il normale funzionamento del servizio stesso, con responsabilità amministrative ed erariali di cui qualcuno sarà chiamato a rispondere”.
Replica il dg dell’Ulss 2, Francesco Benazzi: «Sono più di dieci anni che abbiamo adottato questa modalità di reperimento delle figure per l’emergenza-urgenza, appoggiandoci alle cooperative Imet e Castel Monte. Il servizio è rodato, i professionisti arruolati hanno fatto dei corsi specifici, vengono vagliati dal Suem e operano sotto la responsabilità di quest’ultimo. Nel 2018 l’Azienda sanitaria trevigiana ha dichiarato nel bilancio di aver pagato al privato 5,6 milioni di euro per consulenze, collaborazioni, interinale e altre prestazioni di lavoro sanitarie e socio-sanitarie. Altri 14 milioni sono andati ad “altri servizi sanitari da privato”. In queste cifre rientrano anche le somme destinate alle cooperative».
L’ultima esternalizzazione riguarda i Pronto soccorso degli ospedali di Conegliano e Pieve di Soligo, dove la cooperativa Castel Monte di Montebelluna è subentrata dal 1° di luglio alla Imet nella gestione di alcune attività, con l’impiego di 20 infermieri e 15 medici. Una fornitura di personale che consente il funzionamento delle automediche per i soccorsi territoriali e il supporto ai lavoratori ospedalieri per la gestione dei codici bianchi e verdi.
A volte la soluzione arriva anche da più lontano. È il caso dei medici pendolari, che raggiungono da fuori regione Borgo Cavalli per abbattere le liste di attesa, e dei ginecologi di Roma che operavano a gettone al San Giacomo di Castelfranco per consentire il funzionamento della sala parto.
Nel caso dei poliambulatori di Treviso gli specialisti “con la valigia” sono 12 in tutto: 3 radiologi, un oculista, un gastroenterologo, un endocrinologo e 4 angiologi. La stessa strada è stata imboccata dall’Oras di Motta, che si affida alla Medical Line Consulting, acquistando pacchetti aggiuntivi di prestazioni. La stessa realtà interpellata a inizio 2019 per “l’attivazione d’urgenza di un servizio di assistenza medica di supporto all’unità di Ginecologia” al San Giacomo, con lo stanziamento di 31mila euro per 348 ore aggiuntive di guardia in Ostetricia. Una soluzione tampone durata fino a marzo, quando la Regione ha autorizzato l’Ulss 2 a staccare tre contratti per ginecologi in libera professione. Analogo copione per assumere un pediatra per gli ospedali di Vittorio Veneto e Conegliano.
Più di un anno fa l’Azienda sanitaria trevigiana ha delegato il servizio prelievi domiciliari a un raggruppamento temporaneo di imprese formato dalla mandataria Vision di Treviso, di cui è esecutore la coop C.S.S.A. di Spinea, e dalle coop Promozione Lavoro di San Bonifacio e Terra Fertile di Vittorio Veneto. Al consorzio Vision anche la competenza sui punti prelievo di Borgo Cavalli e Mogliano. Una partenza in salita: nell’estate 2018 il servizio era andato in tilt, con i pazienti in coda per ore a causa dell’inesperienza degli infermieri impiegati. A Castelfranco e Montebelluna, da anni, il call center è gestito da un sistema di cooperative (Cento Orizzonti) all’intemo del progetto di finanza.
Redazione Nurse Times
Fonte: la Tribuna di Treviso
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