Sta facendo il giro del mondo il caso della 72enne Kathy Wilkes, che grazie al trattamento ha visto ridursi l’adenocarcinoma in metastasi del 72%.
Sembra molto promettente il caso di una donna con adenocarcinoma pancreatico in metastasi, trattata con una terapia a base di CAR-T. La sua storia potrebbe finire – in questo momento l’uso del condizionale è d’obbligo – sui libri di medicina come il primo successo di una terapia sperimentale a base di cellule CAR-T contro un tumore solido.
Il caso di Kathy Wilkes, una donna di 72 anni affetta da cancro del pancreas resistente alle terapie standard, è stato pubblicato lo scorso giugno sulla rivista The New England Journal of Medicine. È la descrizione di un episodio clinico (il cosiddetto case report), per ora unico nel suo genere, che sta facendo il giro del mondo a seguito delle possibili implicazioni che potrebbe avere per il futuro delle CAR-T nel campo dell’oncologica.
All’età di 67 anni Kathy ha ricevuto una diagnosi di adenocarcinoma della testa del pancreas, un tumore dalla prognosi spesso infausta (la sopravvivenza a cinque anni è del 7% nei maschi e del 9% tra le femmine), che oggi in Italia rappresenta la quarta causa di morte per tumore nel sesso femminile e la sesta nel sesso maschile. La donna – in passato affetta da pancreatite, considerato un fattore di rischio per il cancro del pancreas – è stata sottoposta a trattamento con il regime FOLFIRINOX (5-fluorouracile/acido folinico, oxaliplatino e irinotecan) e poi all’intervento chirurgico.
L’analisi del tessuto tumorale asportato ha permesso di studiare con precisione la malattia. Successivamente Kathy è stata sottoposta a radio-chemioterapia post-operatoria e al trattamento con capecitabina. Per un pò di tempo è sembrato che il tumore fosse stato sconfitto, ma nel 2019 un esame di controllo ha evidenziato la presenza di metastasi polmonari. Così Kathy è stata inserita in uno studio clinico basato sull’uso di linfociti T infiltranti il tumore e alte dosi di interleuchina-2 (IL-2).
Il trattamento con IL-2 riporta la mente a quello che Steven Rosenberg somministrò a metà degli anni Ottanta ad alcuni pazienti, fra cui Linda Taylor, una giovane donna affetta da un melanoma andato in metastasi che le lasciava poche speranze di sopravvivenza. Nel caso di Linda la terapia proposta da Rosenberg ottenne una storica guarigione, ma nonostante l’IL-2 fosse un elemento fondamentale della terapia il suo utilizzo negli anni successivi non ottenne sempre i medesimi risultati.
Purtroppo la terapia sperimentale a base di linfociti T infiltranti il tumore e IL-2 proposta a Kathy ha fallito il suo obiettivo e, dopo sei mesi, le metastasi erano ancora presenti. Nel 2021 Kathy è entrata allora in contatto con Eric Tran, del Providence Cancer Institute di Portland, già autore (insieme a Rosenberg) di una ricerca pubblicata nel 2016 sulle pagine del New England Journal of Medicine sull’uso delle CAR-T in un paziente con cancro del colon-retto metastatico.
La terapia con le cellule CAR-T, che ha prodotto ottimi risultati contro linfomi e leucemie, è allo studio contro diversi tumori solidi, ma i risultati finora si sono rivelati al di sotto delle aspettative dei ricercatori. Tuttavia il gruppo di ricerca di Tran ha analizzato il pannello di mutazioni espresse dal tumore di Kathy, effettuando un preciso studio genetico e concentrando l’attenzione sulla mutazione del gene KRAS, che innesca la produzione di una proteina mutata.
Quindi ha sviluppato una terapia a base di linfociti T modificati, in maniera da esprimere un antigene in grado di riconoscere tale proteina presente all’interno delle cellule tumorali. Le cellule T prelevate da Kathy sono state modificate per esprimere il recettore TCR, capace di bersagliare l’antigene KRAS G12D presente sul tumore.
Non sono stati evidenziati segni di tossicità e, dopo 11 giorni di ricovero, Kathy è stata dimessa dall’ospedale. A sei mesi dall’infusione le cellule T modificate sono ancora in circolo nel suo organismo ed è stata osservata una riduzione del 72% nel tumore, le cui dimensioni si sono stabilizzate. Kathy non si può ancora dire guarita, ma di certo questo risultato va oltre ogni aspettativa.
Che si tratti di un traguardo storico non c’è dubbio, ma non bisogna commettere l’errore di pensare di possedere già una soluzione universalmente valida per tutti i pazienti. Nell’articolo di Tran si fa riferimento a un’altra donna che ha ricevuto un trattamento analogo, ma con differente risultato. Gli studiosi stanno cercando di capire se i motivi dei due diversi esiti stiano nel differente regime di pre-condizionamento o nella differenza nel genotipo HLA delle due donne. Non è facile stabilire con precisione le ragioni per cui un organismo non risponde a un protocollo di immunoterapia e un altro invece sì, ma i clinici guidati da Tran sono convinti di essere sulla buona strada per ottenere una terapia valida contro il cancro del pancreas metastatico.
Nuovi e più approfonditi studi saranno necessari per sviluppare una terapia sempre più efficace e in grado di funzionare su un ampio ventaglio di pazienti. Nel frattempo il caso di Kathy è destinato a non essere dimenticato. Proprio come quello di Linda, che ha fornito elementi decisivi per la nascita di quel settore della medicina che punta a dirigere la risposta immunitaria contro i tumori.
Redazione Nurse Times
Fonte: Osservatorio Terapie Avanzate
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