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Tubercolosi, spaventano i ceppi resistenti ai farmaci

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Tubercolosi: importanti progressi per vaccini e terapia farmacologica nel 2019.
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Intervistato dall’Adnkronos Salute, Massimo Andreoni, direttore scientifico Simit, esprime preoccupazione per la ripresa della tubercolosi, dovuta ai microbatteri resistenti.

“La tubercolosi ricomincia a fare paura a causa dei ceppi resistenti ai farmaci. E’ brutto da dire perché di paura ne abbiamo avuta troppa e non ne vorremmo più sentire parlare. Ma i micobatteri resistenti cominciano a preoccuparci davvero”. Così, all’Adnkronos Salute, Massimo Andreoni, direttore scientifico Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), a margine dell’incontro “We stand with public health: a call to action for infectious disease”, organizzato a Roma insieme alla Società italiana di medicina generale e cure primarie (Simg), in vista della Giornata mondiale della tubercolosi, celebrata oggi, 24 marzo.

“Parliamo di una malattia in ripresa – continua Andreoni -. E questo è un po’ inevitabile perché la globalizzazione ha tanti aspetti positivi ma anche molti negativi. Permette anche ai germi di circolare meglio. Il problema è che anche il bacillo tubercolare, che conosciamo da centinaia di anni, ora sta diventando multiresistente. Esistono dei casi in cui il trattamento diventa molto complicato perché dobbiamo usare sette o otto farmaci e a volte non riusciamo a sconfiggere il micobatterio. Se questi casi diventano preponderanti, il problema diventa molto grave”.

La tubercolosi resta una delle principali infezioni killer nel mondo, con 1,6 milioni di morti e milioni di contagi ogni anno a livello globale, e un impatto enorme su famiglie e comunità. L’anno scorso, complice la pandemia di Covid-19, per la prima volta in quasi due decenni l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha segnalato una risalita dei casi di Tbc e di Tbc resistente ai farmaci, insieme a un aumento dei decessi.

L’Italia è in pole verso l’obiettivo di eliminare la tubercolosi entro il 2030, rilanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. “L’Italia, con circa 3mila nuovi casi l’anno, è un Paese definito a bassa endemia di tubercolosi (come la maggior parte dei Paesi dell’Europa occidentale) ed è uno dei Paesi candidati a vincere questa battaglia”, afferma Daniela Maria Cirillo, presidente della Società europea di micobatteriologia (Esm), coordinatore per l’Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli), del gruppo di lavoro sui micobatteri, e a capo dell’Unità Patogeni emergenti dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano -. Ma perché questo avvenga è necessario che si prenda coscienza che la malattia esiste ancora, che colpisce i più fragili, e che deve essere riconosciuta prontamente e trattata opportunamente per evitare nuovi contagi”.

Redazione Nurse Times

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