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Tributo di TIME per gli “ebola fighters”

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Sono loro gli «Ebola fighters» i combattenti dell’Ebola, gli operatori sanitari tra cui il medico italiano di Emergency ricoverato allo Spallanzani di Roma, le persone dell’anno 2014 secondo la rivista americana Time. Hanno rischiato, perseverato, si sono sacrificati ed hanno salvato vite umane, per questo sono stati scelti dal Time. Volontari, medici, infermieri che hanno combattuto contro una malattia che si è trasformata in una vera e propria emergenza sanitaria. Il bilan­cio delle vit­time nei tre Paesi mag­gior­mente col­piti, Libe­ria, Sierra Leone e Gui­nea, dopo lo scop­pio dell’epidemia, è di 6.331 su un totale di 17.800 casi, secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione mon­diale della Sanità.

Vi proponiamo la storia di Rosy Argiolas e Michela delli Guanti infermiera tratta da ilcorriere.it

«A Lakka, a sud di Freetown, mi chiamano così. In Italia mi evitano come un’appestata». Rosy Argiolas, 50 anni, infermiera a Cagliari, è partita per la Sierra Leone con Fhm Onlus. Ha usato le sue ferie per andare a combattere il virus che in Africa fa cinque nuove vittime all’ora. Ora, tornata in Italia, è in quarantena, codice bianco. Può uscire, evitando i centri affollati.

«Ma resto in casa, la gente ha paura. Andiamo in Africa per combattere lo stigma, torniamo e ne troviamo un altro, più grande. Perché niente spot televisivi su Ebola?» si chiede Rosy. «Informare non crea allarmismo. Lo evita».

Michela Delli Guanti è un’infermiera milanese di 39 anni, lavora con Emergency dal 2007, dal 2011 è in Sierra Leone. Oggi l’Ong sta aprendo un centro da cento posti letto, ma può contare solo sulla cooperazione inglese. «Il governo italiano non ha dichiarato lo stato di emergenza in Africa occidentale » spiega, delusa. «Quello che, per capirci, era stato proclamato dopo lo tsunami del 2004». Medici e infermieri che intendono partire per l’Africa occidentale devono chiedere un’autorizzazione alle proprie strutture che, in assenza di un ordine governativo, possono negarla. «Assurdo» conclude Michela.

IL NOSTRO TRIBUTO VA A TUTTI LORO.

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