Grande interesse da parte dei dottori infermieri per il progetto editoriale denominato NExT (Nurse EXperimental Thesis) che vede protagonisti i giovani neo laureati
Partecipare è molto semplice. Basta inviare al nostro indirizzo mail [email protected] il proprio lavoro di tesi, corredata dall’abstract.
Presentiamo la tesi del dott. Matteo Leone, laureatosi presso l’Università degli Studi di Foggia, nell’a.a. 2017-2018.
La tesi dal titolo “La relazione infermiere – paziente lgbt e i necessari processi di abbattimento del pregiudizio” vede tra i relatori la dott.ssa Vincenza Memeo.
…di Matteo Leone
L’identità di una persona è multi componenziale. L’età, il sesso, le caratteristiche, abilità o disabilità fisiche o mentali, il credo religioso, le convinzioni politiche, l’orientamento sessuale, l’identità di genere sono tutti elementi che insieme compongono l’identità di ciascuno. A ciascuna componente è possibile attribuire un “costo” sociale, un prezzo, cioè, che la persona è chiamata a “pagare” per poter affermare e sviluppare, nel proprio contesto sociale, questo o quell’altro aspetto particolare della propria individualità.
Tra le componenti della personalità abbiamo evidenziato l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Queste, in concomitanza al sesso biologico e al ruolo di genere contribuiscono a delineare l’identità sessuale di una persona.
L’identità di genere, in particolare, attiene alla percezione che l’individuo ha di sé come maschio o femmina. Essa si definisce in un periodo che va dalla nascita ai 3 anni.
Il caso in cui la percezione di sé è in contrasto con il sesso biologico è noto come disforia di genere.
Il termine si riferisce alla sofferenza che può accompagnare l’incongruenza tra il genere esperito o espresso da un individuo ed il genere assegnatogli. Anche se non tutti gli individui risentano di tale incongruenza, molti la manifestano se non riescono ad ottenere gli interventi fisici desiderati attraverso un trattamento ormonale e/o chirurgico.
Il termine attuale di riferimento è più descrittivo rispetto al precedente disturbo dell’identità di genere utilizzato dal DSM-IV e si concentra sulla disforia come problema clinico e non della propria identità.
Conclusioni
Il presente studio contribuisce a mettere in evidenza gli ostacoli che possono presentarsi all’interno della relazione infermiere – paziente. Il ruolo di questa figura professionale ha sempre rappresentato sin dalla sua nascita un’ancora di salvezza, un imprescindibile sostegno per qualsiasi individuo in caso di problematiche non solo fisiche, ma soprattutto psicologiche e sociali. L’essenza dell’assistere qualcuno consiste nel fornire un supporto, un aiuto che permetta alla persona di superare la condizione negativa in cui riversa e riprendere autonomamente la propria vita.
In un paese come l’Italia, incapace di garantire ad ognuno i medesimi diritti, il personale infermieristico non dovrebbe ridimensionare la qualità di assistenza a causa dell’orientamento sessuale del paziente, o identità di genere, o qualsiasi altra caratteristica che la società non ha ancora maturato l’esigenza di tollerare. Chiedere un supporto e ricevere in cambio un giudizio peggiora la già sfavorevole condizione del paziente.
Nessun tipo di etica o morale giustifica nel prestare assistenza un giudizio negativo, un atteggiamento superficiale o la negazione di una giusta prestazione per scorrette e controverse credenze religiose o ideologie politiche, difatti la capacità di ottemperare alle richieste di un paziente deriva da un’innata predisposizione per l’altro, lontana da ogni forma di discriminazione.
Il lavoro effettuato rispecchia appieno gli stereotipi da cui è affetta la società italiana, concezioni che avrebbero dovuto essere abbattute già da anni, e a fronte dei risultati ottenuti, l’aggiornamento della formazione del personale infermieristico con tecniche inclusive è indispensabile ed incarna la base di un necessario cambiamento.
Redazione NurseTimes
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