Contattato dall’Ansa, Samuele Pacchi racconta la tragica realtà del sisma e le difficili condizioni in cui lui e gli altri soccorritori devono operare.
Una disperazione difficile da immaginare, quella dei sopravvissuti al sisma in Turchia che, con ogni mezzo, sono alla ricerca di parenti e amici sotto le macerie. Ed è un dramma nel dramma quello che in queste ore stanno vivendo i soccorritori italiani, “costretti a scegliere a chi dare aiuto” a fronte di centinaia di richieste. Samuele Pacchi, infermiere toscano partito per portare soccorsi alla popolazione con un team dei vigili del fuoco, racconta all’Ansa la sua esperienza sul campo nella città di Hatay.
“E’ un dramma mai visto – dice -. In questo momento provo grande soddisfazione, perchè siamo riusciti a estrarre vivo dalle macerie un ragazzo di 22 anni intercettato questa mattina, e ora siamo al lavoro perchè sotto la macerie di due diversi palazzi abbiamo recepito le voci di due persone, che sono state in grado di rispondere: un ragazzo di 16 anni che si trova in un sottoscala e una donna di 65 anni all’interno di una abitazione. Adesso il nostro team è al lavoro per cercare di portarli in salvo”.
Ma alla gioia per essere riusciti a portare in salvo un giovane a oltre due giorni dal sisma si affianca il sentimento di angoscia per una catastrofe dalle dimensioni inimmaginabili. “Qui la situazione è davvero drammatica – afferma l’infermiere italiano -. Io, insieme ad altri medici e infermieri, saremmo un team unico che dovrebbe lavorare in un unico sito, ma siamo stati costretti a dividerci in più gruppi perchè le persone sono davvero disperate e le richieste tantissime. La gente viene a cercarci direttamente nel cantiere, punto di ritrovo dove noi siamo, per chiederci aiuto. Sono scene disperate: le persone si inginocchiano, piangono e ci implorano di intervenire. Diventa davvero difficile dire di no, ma le richieste di aiuto sono tantissime e siamo costretti a scegliere chi salvare sulla base di dati oggettivi”.
E ancora: “Purtroppo siamo costretti ovviamente a fare una scelta e dobbiamo per forza concentrarci di più sui dati oggettivi, quindi persone che rispondono da sotto le macerie oppure uno dei nostri cani dei vigili del fuoco che sente una scia di odore. Allora ci possiamo concentrare su questi elementi e procedere, anche con il riscontro di geofoni e utilizzando tutte le attrezzature in dotazione ai vigili del fuoco. Una scelta lacerante, ma necessaria, mentre la situazione è resa ancora più difficile dal clima di tensione che si respira tra la gente in attesa di ulteriori soccorsi e dai timori che la situazione possa portare al rischio di epidemie e al dilagare di infezioni”.
Al momento sono attive squadre di soccorso da vari Paesi e c’è molta collaborazione: “Si cerca di assistere la popolazione sfollata. La Protezione civile locale si sta impegnando al massimo, ma ci sono molte persone che dormono ancora all’addiaccio, e per strada ci sono fuochi per scaldarsi. Nonostante tutto questo, la speranza è sempre quella di trovare ancora altre persone vive. Stiamo lavorando e continueremo a lavorare per questo”.
Redazione Nurse Times
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