Territorio. 10 Regioni inadempienti, poca ADI e costi a carico delle famiglie. Fase2: subito Infermiere di famiglia, attuazione del Patto per la Salute e più risorse
La Fase 2 di COVID-19 punta a un’assistenza sul territorio che non c’è. O almeno non dovuzue e soprattutto non organizzata per far fronte alle reali esigenze non solo dei malati di coronavirus, ma di tutti quei cittadini pazienti colpiti da cronicità, anziani, non autosufficienti che hanno comunque bisogno di assistenza continua.
Il punto su ciò che c’è e su quel che ci vorrebbe lo fa Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), in suo editoriale sul sito istituzionale delle Federazione (www.fnopi.it).
Secondo Aceti finora si sono dette “tante parole in migliaia di convegni e norme, ma purtroppo con pochi fatti e solo in alcune realtà, e oggi ci viene presentato il conto”
Secondo Aceti servono risorse in più da mettere sul piatto del SSN per investimenti massicci sul personale sanitario, a partire da quello infermieristico, attuare il Patto per la Salute 2019-2021 con l’infermiere di famiglia/comunità e utilizzare l’emergenza per innovare strutturalmente il SSN.
Il portavoce FNOPI sottolinea che all’emergenza Covid, “oggi si aggiunge anche quella dei pazienti non-Covid con fragilità (cronici, non autosufficienti, …), i quali per circa 2 mesi hanno fatto i conti con un vero e proprio congelamento dei servizi socio-sanitari territoriali, già carenti, a partire da quelli domiciliari, che sono fondamentali per la prevenzione e gestione delle complicanze”.
Ecco una breve istantanea dell’esistente sul territorio e in particolare sull’assistenza domiciliare.
– 10 Regioni inadempienti nella capacità di garantire il livello di assistenza sanitaria distrettuale (territorio), praticamente mezza Italia. È quanto emerge dai dati della sperimentazione del Nuovo Sistema Nazionale di Garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza, svolta dal Ministero della Salute e dalle Regioni. (Ministero Salute)
– Solo il 3,5% della popolazione italiana dichiara di aver utilizzato i servizi di assistenza domiciliare, contro il 4 per cento della media europea. Francia 9,3%, Paesi Bassi 6,9%. (UPB, Focus tematico n. 6, dicembre 2019)
– In Italia nel 2015 solo l’1,2% di anziani (over 65) ha usufruito dell’assistenza domiciliare integrata. Nel 2005 erano l’1,9 per cento. (Istat, 2019)
– A fronte di oltre 2,5 milioni di anziani non autosufficienti, nel 2017 sono stati assistiti al proprio domicilio 1.014.626 pazienti, di questi l’83,7% è rappresentato da assistibili di età maggiore o uguale a 65 anni e l’ 8,8% è rappresentato da pazienti terminali. (Annuario Statistico SSN, 2017)
– Nel 2017 mediamente a ciascun paziente sono state dedicate circa 20 ore annue di servizio ADI (valore uguale al 2007), erogata in gran parte da personale infermieristico (14 ore per caso). (Annuario Statistico SSN, 2017)
– Carenza di 30.000 infermieri nei servizi sanitari territoriali. (Centro studi FNOPI)
– Profonde disuguaglianze regionale e territoriali nell’accesso all’ADI. Nel 2017 in Veneto oltre il 4% di anziani con più di 65 anni trattati in ADI, in Molise il 5,4%, mentre minore o uguale al 2% in Valle d’Aosta, Lazio, Campania, Puglia e Calabria. (Min. Salute 2019, Monitoraggio LEA anno 2017)
– Assistenza sanitaria a lungo termine e spesa delle famiglie: 15 miliardi di spesa complessiva, di cui 12 a carico della PA e 4 a carico delle famiglie. (Corte dei conti, Referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi Sanitari regionali)
– Scarsa integrazione tra sanità e sociale. Solo lo 0,6% di anziani ha accesso simultaneamente e in forma integrata all’assistenza domiciliare erogata dai Comuni (SAD) e all’assistenza domiciliare integrata erogata dall’ASL (ADI). (Istat 2019)
“La terapia per rilanciare i servizi sanitari territoriali, per farli diventare davvero il secondo pilastro del SSN – sottolinea Aceti – è stata approvata da Governo e Regioni appena quattro mesi fa e si chiama Patto per la Salute 2019-2021. Così il Servizio sanitario Nazionale ha introdotto su tutto il territorio l’infermiere di famiglia e di comunità. I “patti si rispettano” e nel cosiddetto “Decreto Aprile”, gli infermieri si aspettano un potenziamento del territorio che punti sulla loro professione, attraverso l’attuazione delle misure contenute nel Patto per la Salute e la messa a terra su tutto il territorio nazionale dell’infermiere di famiglia e di comunità”.
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