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Ssn alle corde: i 14 punti del piano di salvataggio Gimbe

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Coronavirus, Gimbe: "Siamo entrati nella quarta ondata"
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Ecco la ricetta della Federazione presieduta da Nino Cartabellotta per rianimare un Sistema sanitario nazionale in grave difficoltà.

Il nostro Servizio sanitario nazionale appare oggi alle corde, specie dopo aver affrontato la pandemia, a cui era arrivato già fiaccato da un decennio di definanziamenti. La scelta che si pone, a questo punto, è squisitamente politica, e a sintetizzarla è Nino Cartabellotta (foto), presidente della Fondazione Gimbe, che davanti a un Ssn in grave difficoltà ha elaborato un piano di salvataggio in 14 punti.

«Per la sanità pubblica – afferma Cartabellotta – è ormai scaduto il tempo della manutenzione ordinaria, che ha portato allo sgretolamento dei princìpi di equità e universalismo. Ecco perché serve innanzitutto la visione sul modello di sanità che vogliamo consegnare alle future generazioni. Occorre definire quante risorse pubbliche investire per la salute e il benessere delle persone; infine, bisogna attuare coraggiose riforme per condurre il Ssn nella direzione voluta».

Il presupposto è un «patto politico» che, al di là dei governi che si avvicendano, riconosca nel Ssn un pilastro della democrazia e una conquista sociale irrinunciabile, nonché un puntello decisivo per la costruzione del Pil nazionale. «Se invece – aggiunge Cartabellotta – mantenere un Ssn pubblico, equo e universalistico non è più una priorità del Paese, la politica abbia l’onestà di scegliere apertamente un altro modello, governando in maniera rigorosa i processi di privatizzazione che si stanno già concretizzando in maniera subdola, creando di fatto una sanità a doppio binario».

Per stilare un Piano di salvataggio bisogna sempre aver chiare le criticità, che per il “paziente critico Ssn” si chiamano innanzitutto risorse, finanziarie e umane, e organizzazione/gestione. I numeri parlano chiaro: la nostra sanità pubblica ha cumulato negli anni un gap che pare incolmabile rispetto ad altri grandi Paesi. Nel 2021, rilevano da Gimbe, la spesa pubblica pro capite si ferma a 3.052 dollari rispetto ai 3.488 dollari della media Ocse e in Europa ci collochiamo al 16esimo posto: ben 15 Paesi investono più in sanità (si va dai 285 dollari della Repubblica Ceca ai 3.299 dollari della Germania).

«Senza più pretendere di guardare a Paesi come Germania e Francia ponendosi obiettivi irrealistici – commenta Cartabellotta – entro il 2030 occorre allineare il finanziamento pubblico almeno alla media dei Paesi europei rispetto ai quali nel 2020 il gap era già di quasi 12 miliardi di euro nel 2021». Non basterebbe, in ogni caso, rifinanziare: la destinazione d’uso delle risorse, è la richiesta, va vincolata per rilanciare le politiche del personale, garantire l’erogazione uniforme dei livelli essenziali di assistenza (Lea) e consentire un equo accesso alle innovazioni. Investendo anche sulla ricerca indipendente almeno il 2% del finanziamento pubblico per la sanità.

Temi caldissimi, che impattano non solo su chi lavora nel Ssn – con una demotivazione galoppante che il ministero della Salute prova a contrastare con provvedimenti per gli operatori delle aree più critiche come il Pronto soccorso – ma sulla pelle e sulle tasche dei cittadini. Che da sei anni aspettano il decreto Tariffe necessario a garantire i Lea e che davanti a liste d’attesa “monstre” sono costretti a rinunciare alle cure o a rivolgersi al privato. Accreditato, quando va bene: ed è l’Annuario statistico del Servizio sanitario nazionale a certificare che le sole strutture private ospedaliere risultano quasi raddoppiate in un decennio, arrivando al 48,6% del totale.

Poi il Ssn “rimborsa”, come è giusto, secondo un meccanismo che però lascia fuori molti anche per la logica dei tetti alle prestazioni. L’esborso delle famiglie lievita: è l’Istat a documentare che su una spesa sanitaria complessiva (2021) pari in Italia a 168 miliardi, 127 mld sono spesa pubblica ma ben 36,5 mld (il 21,8%) sono a carico dei pazienti, con 4,5 mld di euro sostenuti da fondi e assicurazioni.

L’altra faccia della medaglia sono i tantissimi che dalle cure restano esclusi: sempre l’Istat certifica che la quota di persone che ha dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie è passata – complice il Covid – dal 6,3% del 2019 al 9,6% del 2020 all’11,1% nel 2021. Nel 2022 si torna al 7%, dato comunque notevole a cui concorrono liste d’attesa (4,2%) e motivi economici (3,2%).

«Per la nostra democrazia – afferma Cartabellotta – non è più tollerabile che universalità, uguaglianza ed equità, i princìpi fondamentali del Ssn, siano stati traditi e ora troneggino parole chiave come: infinite liste di attesa, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni sanitarie, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, aumento della spesa privata, rinuncia alle cure, riduzione dell’aspettativa di vita».

Una sanità che sa più di privilegio che di diritto, con buona pace della “lezione Covid” che si credeva non potesse mai essere archiviata. Messi in fila dalla Fondazione e integrati da una consultazione pubblica che ha coinvolto oltre 1.500 persone, i 14 punti del piano saranno utilizzati da Gimbe come “standard di riferimento” per monitorare decisori e tecnici.

LA SALUTE IN TUTTE LE POLITICHE. Mettere la salute e il benessere delle persone al centro di tutte le decisioni politiche: non solo sanitarie, ma anche ambientali, industriali, sociali, economiche e fiscali, oltre che di istruzione, formazione e ricerca (Health in All Policies).

PREVENZIONE E PROMOZIONE DELLA SALUTE. Diffondere la cultura e potenziare gli investimenti per la prevenzione e la promozione della salute e attuare l’approccio integrato One Health, perché la salute delle persone, degli animali, delle piante e dell’ambiente sono strettamente interdipendenti.

GOVERNANCE STATO-REGIONI. Potenziare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, nel rispetto dei loro poteri, per ridurre diseguaglianze, iniquità e sprechi e garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute su tutto il territorio nazionale.

FINANZIAMENTO PUBBLICO. Aumentare il finanziamento pubblico per la sanità in maniera consistente e stabile, allineandolo entro il 2030 alla media dei Paesi europei, al fine di garantire l’erogazione uniforme dei Lea, l’accesso equo alle innovazioni e il rilancio delle politiche del personale sanitario.

LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA (Lea). Garantire l’aggiornamento continuo dei Lea per rendere rapidamente accessibili le innovazioni e potenziare gli strumenti per monitorare le Regioni, al fine di ridurre le diseguaglianze e garantire l’uniforme esigibilità dei livelli in tutto il territorio nazionale.

PROGRAMMAZIONE, ORGANIZZAZIONE E INTEGRAZIONE DEI SERVIZI SANITARI E SOCIO-SANITARI. Programmare l’offerta di servizi sanitari in relazione ai bisogni di salute e renderla disponibile tramite reti integrate, che condividono percorsi assistenziali, tecnologie e risorse umane, al fine di ridurre la frammentazione dell’assistenza, superare la dicotomia ospedale-territorio e integrare assistenza sanitaria e sociale.

PERSONALE SANITARIO. Rilanciare le politiche sul capitale umano in sanità al fine di valorizzare e (ri)motivare la colonna portante del Ssn: investire sul personale sanitario, programmare adeguatamente il fabbisogno di tutti i professionisti sanitari, riformare i processi di formazione, valutazione e valorizzazione delle competenze secondo un approccio multi-professionale.

SPRECHI E INEFFICIENZE. Ridurre sprechi e inefficienze che si annidano a livello politico, organizzativo e professionale e riallocare le risorse in servizi essenziali e innovazioni, aumentando il valore della spesa sanitaria.

RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO. Normare l’integrazione pubblico-privato secondo i reali bisogni di salute della popolazione e disciplinare la libera professione, al fine di ridurre le diseguaglianze d’accesso ai servizi sanitari e arginare l’espansione della sanità privata accreditata.

SANITÀ INTEGRATIVA. Riordinare la normativa sui fondi sanitari al fine di renderli esclusivamente integrativi rispetto a quanto già incluso nei Lea, arginando diseguaglianze, fenomeni di privatizzazione, erosione di risorse pubbliche e derive consumistiche.

TICKET E DETRAZIONI FISCALI. Rimodulare ticket e detrazioni fiscali per le spese sanitarie, secondo princìpi di equità sociale ed evidenze scientifiche, al fine di ridurre lo spreco di denaro pubblico e il consumismo sanitario.

TRASFORMAZIONE DIGITALE. Promuovere cultura e competenze digitali nella popolazione e tra professionisti della sanità e caregiver e rimuovere gli ostacoli infrastrutturali, tecnologici e organizzativi, al fine di minimizzare le diseguaglianze e migliorare l’accessibilità ai servizi e l’efficienza in sanità.- INFORMAZIONE ALLA POPOLAZIONE. Potenziare l’informazione istituzionale basata sulle evidenze scientifiche e migliorare l’alfabetizzazione sanitaria delle persone, al fine di favorire decisioni informate sulla salute, ridurre il consumismo sanitario e contrastare le fake news, oltre che aumentare la consapevolezza del valore del Ssn.

RICERCA. Destinare alla ricerca clinica indipendente e alla ricerca sui servizi sanitari almeno il 2% del finanziamento pubblico per la sanità, al fine di produrre evidenze scientifiche per informare scelte e investimenti del Ssn.

Redazione Nurse Times

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