Sono strani, gli infermieri…non hanno una vita confortevole!
Un etico danese diceva che le convenzioni rendono la vita confortevole; però la convenzione a chi si prende cura degli altri non basta.
Non basta timbrare e stimbrare, infondere farmaci, mettere le “x” al posto giusto all’interno di qualche accertamento infermieristico standardizzato.
La comprensione dell’altro, della sua storia e del significato che vi attribuisce, è una scelta di autenticità, di apertura. Sedersi, ascoltare.
Guardare negli occhi consapevoli che nella relazione ci si mette in gioco, che si viene coinvolti.
La convenzione mi dà un confine e l’altro sta al di là del confine. Il confine mi dà sicurezza.
Prendersi cura degli altri spesso significa, invece, rinunciare a questa sicurezza.
Camminare pesanti. Allora qual è il peso dei nostri passi?
Dipende.
I passi a inizio turno non sono gli stessi che ci trascinano otto ore dopo nello spogliatoio.
Il peso dei passi è il peso del cuore; è un peso che raccoglie gli odori, le storie, i visi. Soprattutto i visi.
E’ mattina, ancora buio fuori, la divisa pulita; si apre la porta con passo leggero, i capelli raccolti, le occhiaie riciclate ma in buono stato.
Poi tutto inizia a srotolarsi in una narrazione tra noi e l’altro. L’altro che ha dolore, che ha paura, che ha bisogno di noi.
La sollecitudine muove lesta le nostre mani, i nostri occhi, le nostre gambe.
Sappiamo di essere responsabili per il benessere di un altro; la responsabilità inizia dalle spalle e invade il diaframma, l’addome, infine le gambe.
I passi pesanti ci conducono davanti all’armadietto; ci spogliamo, ma non di tutto. Qualcosa resta e quel qualcosa appartiene a noi e all’altro, al ricordo dell’altro dentro di noi…
… e siccome siamo fatti non di cose, ma di ricordi; siamo fatti del tempo che abbiamo speso
… in un certo senso siamo fatti anche di tutte le persone che abbiamo incontrato.
Se la leggerezza dell’essere, come dice Kundera, è insostenibile, allora i nostri passi pesanti sono tutto ciò che abbiamo e che ci fa sentire davvero vivi.
Daniela Pasqua
Lascia un commento