Una squadra di ricercatori internazionali ha fatto un passo avanti straordinario nella lotta contro la Sclerosi Multipla (SM), una malattia autoimmune debilitante che colpisce il sistema nervoso.
Guidati dagli scienziati dell’Harvard Medical School presso il Brigham and Women’s Hospital, insieme a collaboratori dell’azienda Synlogic Therapeutics di Cambridge, del Broad Institute of MIT and Harvard e del Centro di Biologia Molecolare “Severo Ochoa” UAM-CSIC dell’Università Autonoma di Madrid, il team ha sviluppato un probiotico sperimentale che sembra avere il potenziale di rivoluzionare il trattamento delle malattie autoimmuni.
La scoperta, pubblicata sulla rinomata rivista scientifica Nature, riguarda un approccio innovativo: l’utilizzo di batteri ingegnerizzati per produrre una molecola in grado di frenare la risposta autoimmune associata alla Sclerosi Multipla. La malattia, caratterizzata dalla demielinizzazione dei neuroni nel sistema nervoso centrale, ha visto progressi significativi nel suo studio e trattamento grazie all’indagine biochimica dei ricercatori.
Il professore Francisco J. Quintana, uno dei leader del progetto e docente di Neurologia presso la Scuola di Medicina dell’Università di Harvard, ha spiegato che il meccanismo scoperto può essere paragonato a un “freno” per il sistema immunitario. Nelle persone con malattie autoimmuni, questo sistema frenante sembra disfunzionare, il che rende il corpo vulnerabile all’attacco da parte delle proprie cellule immunitarie.
I ricercatori hanno identificato un percorso biochimico peculiare nel sistema nervoso dei topi, che coinvolge le cellule dendritiche, responsabili della presentazione degli antigeni e della gestione della risposta immunitaria.
Hanno quindi ingegnerizzato batteri “buoni” affinché producessero una molecola chiamata lattato, che sembra mimare l’azione di queste cellule dendritiche, frenando l’infiammazione e riducendo i sintomi associati alla Sclerosi Multipla.
Attraverso rigorosi esperimenti di laboratorio, i ricercatori hanno dimostrato che il probiotico sperimentale è stato in grado di sopprimere il processo autoimmunitario nei topi, contrastando l’infiammazione cerebrale causata dalle cellule T che attaccano la mielina. Questo risultato è particolarmente significativo poiché le malattie autoimmuni che colpiscono il tessuto cerebrale sono notoriamente difficili da trattare a causa della barriera emato-encefalica che ostacola il passaggio dei farmaci.
Sebbene il probiotico si sia dimostrato efficace nei test su topi, i ricercatori ritengono che i risultati promettenti potrebbero estendersi agli esseri umani. Naturalmente, ulteriori studi clinici sono necessari per confermare l’efficacia e la sicurezza del probiotico nell’ambito umano, ma i risultati finora sono entusiasmanti.
Il professor Quintana ha enfatizzato il potenziale rivoluzionario di questa scoperta, sottolineando che l’uso di cellule viventi come fonte di medicina potrebbe aprire la strada a terapie più personalizzate e mirate. L’azione protettiva innescata dal lattato, mediante la segnalazione biochimica tra le cellule dell’intestino e quelle del cervello, potrebbe rivelarsi efficace anche per altre malattie autoimmuni.
In sintesi, questa scoperta offre una nuova prospettiva nella lotta contro la Sclerosi Multipla e altre malattie autoimmuni. Sebbene ci sia ancora un lungo cammino da percorrere prima che la terapia possa essere applicata in ambito clinico, il potenziale impatto positivo sulla vita dei pazienti è evidente. La ricerca continua a spingere i confini della medicina e a offrire nuove speranze per chi soffre di malattie debilitanti.
Redazione NurseTimes
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