Silvestro Scotti, segretario generale della Federazione dei medici di famiglia, sulla protresta in programma il 1° e il 2 marzo: “Iniziativa poco opportuna in questo momento”.
Cresce il disagio dei camici bianchi sul territorio e si concretizza in una prima protesta: uno sciopero proclamato per il 1° e il 2 marzo con la chiusura degli ambulatori da parte delle sigle Smi e Simet. Le ragioni sono molteplici. Si va dai carichi di lavoro definiti ormai insostenibili agli adempimenti burocratici legati alla pandemia, che richiedono sempre più tempo, sottraendo spazio al contatto con i pazienti. Senza dimenticare gli episodi di violenza sempre più frequenti e il rammarico per l’ultimo “schiaffo” ricevuto, ovvero lo stop del Senato ai ristori per le famiglie dei medici morti per Covid.
L’iniziativa è giudicata però inopportuna dalla Federazione dei medici di famiglia (Fimmg), mentre mantengono lo stato di agitazione i sindacati Fp Cgil e Snami. Lo sciopero indetto da Smi e Simet riguarderà circa 4mila medici di base, continuità assistenziale, del 118 e ambulatoriali aderenti alle due sigle, che hanno convocato una manifestazione a Roma per il 2 marzo. Il malessere della categoria, denunciano i due sindacati, “è palpabile: carichi di lavoro insostenibili, mancanza di tutele, burocrazia aberrante e, non ultimo, il mancato indennizzo alle famiglie dei colleghi deceduti per Covid”.
E ancora: “Scioperiamo anche perché vi è la necessità che vi siano più medici sul territorio: a oggi, nel nostro Paese, sono più di 3 milioni i cittadini senza medico di famiglia. Le postazioni di guardia medica, o vengono chiuse o accorpate per mancanza di personale. Le ambulanze del 118 sono senza medico a bordo”. E anche lo stato di agitazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta della Fp Cgil non si ferma: “È necessario costruire una mobilitazione ampia e partecipata su tutto il territorio nazionale”, sottolinea il sindacato.
Concorda sulle motivazioni del malessere, ma non sull’opportunità di uno sciopero in questo momento, invece, la Fimmg. “Uno sciopero non concordato e fatto in un periodo di stato di emergenza per l’epidemia da Covid-19 danneggia solo il cittadino – afferma all’Ansa il segretario generale Silvestro Scotti –. Penso che si sarebbero dovute trovare forme di protesta congiunte mirate a evidenziare, e non a scaricare suoi cittadini, il disagio della categoria medica. Ovviamente siamo d’accordo sulle motivazioni, ma non è il momento di scioperare, e ci meraviglia che i soggetti preposti al controllo delle iniziative di sciopero non intervengano”.
Scotti ricorda, inoltre, come nel contratto dei medici vigente sia previsto che “in caso di avvenimenti eccezionali gli scioperi si intendono sospesi e lo stato di emergenza per la pandemia è in vigore fino al 31 marzo”. Quanto ai numeri dello sciopero proclamato, afferma sempre Scotti, “potrebbe riguardare fino a un medico su dieci di area convenzionata: i sindacati Smi e Simet contano circa 4mila iscritti”. La Fimmg, ricorda, “conta 21mila iscritti, su un totale di circa 34.700 medici iscritti a sigle sindacali, ai quali si aggiungono altri 8mila medici circa non sindacalizzati”.
A denunciare l’insoddisfazione dei camici bianchi è anche Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo): “C’è un forte disagio, che i sindacati medici interpretano in maniera diversa, pur essendo tutti d’accordo sulle motivazioni di base. I medici sono in sofferenza per il mancato potenziamento della medicina del territorio. Conseguenza di ciò è che sui medici di base si accumula una serie di carichi di lavoro impropri. Basti pensare alla mole di lavoro per l’attivazione dei Green Pass. Ora chiediamo una sola cosa: fateci tornare a fare i medici”.
Redazione Nurse Times
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