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Sanità, l’Italia sale al quarto posto nella classifica Bloomberg. Ma c’è da fidarsi?

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Aggiornato il Global Heath Index, nel quale il Belpaese guadagna due posizioni rispetto all’anno scorso. Il metodo di classificazione, però, lascia non pochi dubbi.

L’agenzia di rating internazionale Bloomberg premia il nostro Servizio sanitario nazionale. Lo fa, indirettamente, attraverso l’aggiornamento del suo Global Health Index, dal quale risulta che l’Italia è ora al quarto posto nel mondo, dietro solo a Hong Kong, Singapore e Spagna. Scalate due posizioni rispetto all’anno scorso, quando eravamo sesti.

Un risultato sorprendente, soprattutto per chi in Italia ci vive e sa con quanti problemi debba fare i conti la nostra sanità: dai tagli lineari alla spesa alle lunghe liste d’attesa, passando per il federalismo fiscale, l’emergenza anziani, il gap di cure e assistenza tra Nord e Sud. E allora, come la mettiamo? Se è vero che l’universalismo delle cure ci rende unici, è vero pure che non tutte le classifiche internazionali ci premiano quanto quella stilata da Bloomberg.

La risposta, come è facile intuire, sta nel metodo di classificazione, che nel caso del Global Health Index mette in relazione l’aspettativa di vita con la spesa pro capite. In altri termini, l’Italia è ben piazzata perché è il secondo Paese più longevo al mondo (con un’aspettativa di vita di 82,5 anni) e, al contempo, risulta tra le economie occidentali con la spesa sanitaria pubblica per persona meno elevata (2.700 dollari pro capite).

La conferma arriva da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: “La classifica Bloomberg misura esclusivamente l’efficienza dei sistemi sanitari, mettendo in relazione l’aspettativa di vita con la spesa pro-capite, sovrastimando la qualità del nostro Ssn, sia perché la longevità dipende soprattutto da altre determinanti della salute, sia perché la riduzione della spesa sanitaria ci ha permesso di scalare la classifica”.

Stando così le cose, come si fa a capire quale posto occupi realmente l’Italia? Per Cartabellotta “bisogna guardare al modello di analisi messo in piedi dall’Ocse, che non elabora classifiche, ma identifica punti di forza e di debolezza per consentire ai singoli Paesi di impostare azioni di miglioramento”.

Azioni che, nel caso del Belpaese, si traducono in politiche del personale adeguate, ampia diffusione dei farmaci equivalenti, riduzione del gap nell’accesso alle cure tra Nord e Sud, azioni di prevenzione e medicina d’iniziativa. Il tutto per far sì che la longevità sia accompagnata anche da un’alta qualità della vita. Non è un caso che l’Ocse ci collochi solo al 20esimo posto per aspettativa di vita in buona salute a 65 anni.

Tornando alla classifica Bloomberg, incuriosisce il 54esimo posto degli Stati Uniti, che perdono quattro posizioni rispetto all’anno scorso. Colpa dell’alta spesa pro capite, a fronte di un’aspettativa di vita che si aggira sui 79 anni. Ma incuriosisce anche il 35esimo posto della Gran Bretagna (14 punti persi in un anno), il cui National Health System rappresenta una vera gloria nazionale, ma pare in difficoltà per via dei tagli che la crisi economica ha imposto alla spesa sanitaria nell’ultimo decennio.

Redazione Nurse Times

Fonte: www.ilsole24ore.com

 

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