Marta, 20 anni, ha deciso di riprendere subito in mano la propria vita dopo quanto sarebbe accaduto il 27 ottobre scorso (leggi articolo) nel reparto di Urologia dell’ospedale Umberto I. Intanto il presunto stupratore, un infermiere di 55 anni, è stato sospeso, ma non è in carcere.
Il 27 ottobre scorso si era presentata al Pronto soccorso dell’ospedale Umberto I di Roma, denunciando di essere stata stuprata durante la notte, in uno sgabuzzino del reparto di Urologia, da un infermiere 55enne. Esperienza terribile, che Marta, tirocinante 20enne di Infermieristica, ha deciso di buttarsi alle spalle per riprendere subito in mano la propria vita. E così, a pochi giorni dall’accaduto, è tornata a lavorare in corsia, oltre che alle lezioni universitarie. Perché, come ha detto in un’intervista rilasciata a Repubblica, “non consentirò a un mostro di cambiare i miei progetti, la mia vita”.
L’infermiere che avrebbe abusato di lei è stato denunciato per violenza sessuale e sospeso dal servizio. Ora è a casa, ma non in carcere. “Sono sorpresa del mancato arresto del violentatore della mia assistita – dice l’avvocato di Marta, Carla Corsetti, sempre sulle colonne di Repubblica –. Secondo quanto ho appreso dalla polizia, avrebbe già commesso abusi in passato e potrebbe reiterare il reato. È per questo che ho chiesto al pubblico ministero di fissarmi un appuntamento, voglio capire”. Il passato del 55enne, in effetti, è al vaglio degli inquirenti, anche sulla scorta delle testimonianze di alcune colleghe e di altre tirocinanti, che confermerebbero l’atteggiamento molesto e che, per solidarietà verso Marta, hanno manifestato davanti all’Umberto I con striscioni e cartelloni.
Nonostante il coraggio di tornare così presto al lavoro, la 20enne non è comunque tranquilla. Non a caso ha deciso di affidarsi a un centro antiviolenza, dove è assistita da psicologhe ed esperte. Ma soprattutto teme di incontrare ancora l’uomo che l’avrebbe violentata: “Non vorrei trovarmelo davanti. Sono terrorizzata alla sola idea di rivederlo al processo”. Tanto più che quell’uomo è anche il suo tutor, ossia “colui che decide se e quando ti laurei”, come spiegano altre tirocinanti, aggiungendo che “il timore di presentare denuncia risiede nella paura di vedersi stroncata la carriera”.
Un tema, questo, sul quale torna anche l’avvocato Corsetti: “La forza di Marta deriva da una rete di relazioni amicali e familiari che la sta proteggendo e le infonde sicurezza. Ma quanti casi non sono stati denunciati per timore di non arrivare alla fine di un percorso di studi che richiede sacrifici? Ci sarà tempo per stabilire le altre responsabilità per quello che è successo dentro l’ospedale, e spero che tutto questo porti a un approccio diverso all’interno della struttura. Mi auguro che chi compie queste brutalità sia allontanato per sempre”.
Redazione Nurse Times
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