La vicenda della coordinatrice infermieristica espropriata del proprio incarico a causa di un’assenza per maternità si è conclusa nel migliore dei modi.
L’infermiera alessandrina si era vista rimuovere da tale ruolo al rientro dal periodo di sospensione dell’attività lavorativa per una gravidanza a rischio.
«Non c’era più neppure la divisa bianca con la banda rossa che contraddistingue la funzione di coordinatrice infermieristica, svolta nel reparto di Malattie infettive del Santi Antonio e Biagio» racconta il legale Massimo Grattarola, che ha assistito l’infermiera.
L’avvocato si è rivolto al giudice del lavoro lamentando «un comportamento discriminatorio da parte dell’Azienda ospedaliera a causa della astensione della dipendente per maternità» richiedendo il reintegro nella funzione che svolgeva precedentemente.
Il giudice ha dato ragione alla dipendente condannando l’ospedale a restituirle il ruolo e la posizione professionale di coordinatrice infermieristica, attribuito nel mese di gennaio 2018. Un mese dopo però, fu costretta ad astenersi dal lavoro a causa di una gravidanza a rischio, venendo sostituita nel ruolo da una collega.
Quando, nel mese di luglio 2019, la donna rientrò dalla maternità, si ritrovò di fatto spodestata.
«Era stata destinata a mansioni di infermiera senza compiti di coordinamento. E, per tre settimane, anche senza divisa», racconta l’avvocato Grattarola, che promosse la causa legale «per accertare e risarcire la condotta discriminatoria».
Il giudice del lavoro Valeria Ardoino le ha dato ragione: «Il comportamento dell’Azienda ospedaliera Santi Antonio e Biagio è illegittimo e discriminatorio» scrive nella sentenza. Più d’uno i riferimenti normativi che vengono richiamati; tra gli altri, la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea da cui «risulta chiaramente che qualsiasi trattamento sfavorevole nei confronti della donna in relazione alla gravidanza o alla maternità costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso».
Il risultato è stato l’emissione di decreto con il quale è stato ordinato all’Aso di Alessandria di ripristinare lo stato delle cose prima che la coordinatrice si assentasse per la gravidanza a rischio, comprovata da certificati medici.
Il giudice ha escluso, invece, che sia stato «un pregiudizio di particolare gravità» il fatto che il camice fornito al rientro in sevizio fosse privo del suo nominativo e che quello precedente fosse stato smaltito.
La sentenza è stata depositata nei giorni scorsi. L’Azienda ospedaliera, ha assicurato di avere «preso atto di quanto indicato nella sentenza del giudice, da domani la signora sarà reintegrata nel ruolo di coordinatrice» con tanto di camice bianco a banda rossa.
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