È accaduto pochi giorni fa al pronto soccorso di Merate (Lecco), quando un signore di 90 anni con parecchi acciacchi legati all’età e alcuni problemi di salute, si è presentato accompagnato dal figlio. È stato visitato dopo 5 ore.
“Non ho nulla da rimproverare né ai dottori, né agli infermieri né agli ausiliari. Ho potuto constatare personalmente che non si sono fermati un istante, ciò tuttavia non toglie che non sia assolutamente ammissibile che un anziano come mio padre e come altri debba attendere tanto. È evidente che sussistono problemi di organico o di organizzazione o che comunque il sistema sanitario non funzioni se un paziente di età tanto avanzata è costretto ad aspettare così a lungo”.
Sono queste le parole di un figlio, stanche, pacate ed obiettive, che probabilmente descrivono a pieno la situazione dei pronto soccorso italiani e della nostra sanità, che sembra dirigersi a grandi falcate verso l’abisso. Il suo papà, ‘nonnino’ di 90 anni compiuti, con alcuni problemi di salute e diversi acciacchi dovuti all’età, è stato costretto ad attendere nella sala d’aspetto del Pronto Soccorso per ben 5 ore, scomodamente appollaiato sulla sua carrozzina, prima di essere finalmente visitato da un medico.
Il pensionato si è presentato al Triage del dipartimento di emergenza dell’ospedale San Leopoldo Mandic di Merate (Lecco) intorno alle 15:00, accompagnato in sedia a rotelle dal figlio 55enne, suo caregiver familiare e che si occupa di lui quotidianamente. Al ‘nonno’ è stato attribuito dall’infermiere un ‘codice azzurro’, ovvero quello riservato ai pazienti non in condizioni critiche, ma che comunque hanno bisogno di diverse attenzioni in quanto “fragili”: anziani, diversamente abili, bambini e donne in gravidanza ne sono un classico esempio. Nonostante ciò, padre e figlio hanno dovuto aspettare l’arrivo della sera per un consulto e più precisamente le ore 20:00. Sì, ben 5 ore dopo il loro ‘approdo’ in pronto soccorso. 300 infiniti minuti, quindi, estremamente scomodi e stancanti per il vecchino in carrozzina. Dopo la visita, il paziente è stato ricoverato per un breve periodo di osservazione, per gli accertamenti e per le terapie del caso. La sua odissea è terminata intorno alle 3:00 di notte, ben 12 ore dopo la sua ‘chiacchieratina’ al Triage brianzolo.
Ma… il medico di base? La guardia medica? Sono stati consultati? Per quale motivo un vecchietto di 90 anni, malato cronico con diverse comorbilità, si è dovuto recare in pronto soccorso per una situazione decisamente non critica? Il figlio ci tiene a spiegare anche questo, sottolineando che sia lui sia i familiari, prima di ‘orientare il timone’ verso l’ospedale di Merate, le hanno provate praticamente tutte: si sono appellati agli operatori delle cosiddette strutture di continuità assistenziale territoriale, come appunto il medico condotto, la guardia medica, persino un geriatra di fiducia, senza tuttavia riuscire a trovare una soluzione. Ricorrere al pronto soccorso è stata così la classica ‘ultima spiaggia’, anche se decisamente non si aspettavano una traversata epica di tale portata per loro e per il loro caro.
Questa storia, in un periodo dove l’assistenza territoriale sembra non funzionare più (VEDI) e dove si parla di eliminare le guardie mediche (VEDI), fa decisamente riflettere… non sarà mica il caso invece di rendere queste ultime, così come i medici di base, più efficienti e seriamente in grado di occuparsi della cronicità che a causa dell’inarrestabile invecchiamento della popolazione sta drasticamente aumentando?
Fonte: ilgiorno.it
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