Le indagini dovranno accertare se c’era una sofferenza fetale che un ospedale avrebbe potuto prontamente accertare.
La tragedia si è consumata lunedì scorso a Pordenone, dove una coppia di cittadini americani, che lì vive da tempo, aveva deciso di far nascere in casa la propria figlia. Il parto in acqua, per il quale era stato tutto predisposto da mesi e ritenuto da alcuni esperti meno traumatico, in questo caso ha invece portato alla morte della piccola poco dopo la nascita.
A nulla è servito il trasporto in ospedale, né il massaggio cardiaco che una delle due ostetriche chiamate ad assistere la partoriente ha praticato alla bimba in attesa dell’ambulanza. Entreambe le professioniste hanno riferito che quando la neonata è uscita dal grembo materno, era ipotonica, cioè con basso tono muscolare, e non reattiva. Ora sono sotto inchiesta e la loro posizione dovrà essere chiarita dalla Procura di Pordenone: un atto dovuto per permettere gli accertamenti del caso.
Oltre agli accertamenti delegati al posto di polizia dell’ospedale, è stata disposta l’autopsia sul corpo della bambina, nonché il sequestro della placenta. Le indagini dovranno appurare se c’era una sofferenza fetale che un ospedale avrebbe potuto prontamente accertare, e se la neonata poteva dunque essere salvata. L’Azienda sanitaria del Friuli Occidentale ha inviato una richiesta di riscontro diagnostico in Procura, fornendo tutta la documentazione clinica e il referto agli inquirenti. Al momento, però, non ci sarebbe alcun avviso di garanzia.
Redazione Nurse Times
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