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Pensioni, si allunga l’età di accesso sulla base dell’aspettativa di vita!

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La recente notizia ANSA parla di unastangata in arrivo nel 2016 sull’età di accesso alla pensione e sull’importo dell’assegno calcolato con il metodo contributivo.” (Fonte: www.ANSA.it )

Ho volutamente lasciato i testi in originale per mostrare ai lettori di NurseTimes quanto le informazioni fornite dalle diverse fonti, siano fredde e scettiche, limitandosi a comunicare dati e modalità di calcolo. Nessuno ha effettivamente dato una connotazione “soggettiva” nonostante trapeli in ogni testo una considerazione pessimista e negativa.

A partire dal 1° gennaio 2016 si allungano i tempi per il raggiungimento della pensione di vecchiaia, con gli uomini che dovranno lavorare 4 mesi in più e le donne addirittura 22″.

Archiviata la legge di Stabilità con un atteso ‘nulla di fatto’ sul fronte pensioni, a parte qualche concessione sull’Opzione Donna, si ricomincia quindi a fare i conti con le restrizioni introdotte dalla legge Fornero, che tutti sembrano voler modificare ma che continua a produrre i suoi effetti. Effetti ai quali viene ad aggiungersi quello dell’adeguamento dell’età per la pensione di vecchiaia alle nuove aspettative di vita.

Novità anche per quanto riguarda l’entrata in vigore del nuovo coefficiente di trasformazione del montante contributivo che avrà l’effetto di ridurre gli assegni per i nuovi pensionati.

Si lavorerà di più per avere la pensione di vecchiaia” (Fonte: www.balstingnews.com )

“La legge di stabilità sulla riforma previdenziale Monti-Fornero del 2011 consentirà di far scattare nel 2016 la stretta sull’età di accesso alla pensione e sull’importo dell’assegno calcolato con il metodo contributivo. La manovra ha infatti limitato gli interventi, per quanto riguarda l’età di uscita l’anno prossimo debutterà non solo il gradino previsto dalla legge Fornero per la pensione di vecchiaia delle donne ma anche l’aumento di 4 mesi per tutti legato alla speranza di vita e la revisione periodica dei coefficienti di calcolo della pensione col sistema contributivo prevista dalla riforma Dini del 1995.

Per le donne dipendenti del settore privato l’età di uscita per la vecchiaia passerà dai 63 anni e 9 mesi del 2015 a 65 anni e 7 mesi (compreso l’innalzamento di 4 mesi dell’aspettativa di vita), mentre le autonome potranno prendere l’assegno solo dopo aver compito 66 anni e un mese. Si conferma l’opzione-donna in Stabilità che prevede la possibilità per le donne che entro il 2015 compiono 57 anni e 3 mesi di età (58 per le autonome) e 35 di contributi di raggiungere la pensione, ovviamente calcolata interamente col sistema contributivo, una volta atteso il periodo previsto dalla finestra mobile (un anno per le lavoratrici dipendenti, un anno e mezzo per le autonome) la classe più penalizzata è quella delle lavoratrici classe 1953 che si ritroveranno ad attendere la pensione fino al 2020: nel 2018, quando compiranno 65 anni e sette mesi sarà scattato un nuovo scalino mentre nel 2019 ci sarà nuovo aumento della speranza di vita. Eccezione invece per le nate nel 1952 che a fronte di 20 anni di contributi potranno uscire a 64 anni più l’aspettativa di vita. Aspettativa che a partire dal 2016 aumenterà di 4 mesi. Dall’anno prossimo quindi gli uomini andranno in pensione di vecchiaia a 66 anni e sette mesi (era 66 e 3 mesi fino al 2015), mentre per la pensione anticipata saranno necessari 42 anni e 10 mesi di contributi (compreso l’incremento di 4 mesi della speranza di vita rispetto al 2015). Per le donne, con l’incremento del’’aspettativa di vita, potranno uscire solo in presenza di 41 anni e 10 mesi di contributi. Nel 2018 le donne del privato avranno un nuovo scalino per l’età di vecchiaia e andranno in pensione alla stessa età degli uomini, ovvero a 66 anni e sette mesi. Requisito che scatterà a partire dal prossimo anno invece per le dipendenti pubbliche già equiparate all’età degli uomini sin dal 1°gennaio 2012.

Nel 2016 scatteranno anche nuovi coefficienti di trasformazione del montante contributivo previsti dalla riforma Dini a partire dal 1996 (revisione finora triennale e dal 2019 biennale). La sola quota contributiva dell’importo pensionistico quindi a parità di età di uscita risulterà più bassa perché sarà moltiplicata per un coefficiente inferiore (tenendo conto delle revisioni di questi anni dal 96 a oggi l’importo della pensione calcolato con il contributivo è diminuito del 13%.

Per gli uomini – secondo i calcoli di Antonietta Mundo, già coordinatore generale statistico attuariale dell’Inps – la riduzione del coefficiente per la quota contributiva della pensione di vecchiaia sfiora l’1%, mentre per le lavoratrici l’età più elevata di uscita farà registrare un aumento. «C’è un effetto positivo sull’importo – spiega Mundo – per le donne del settore privato che escono per vecchiaia: la quota contributiva della pensione si rivaluta del 4,09% rispetto al 2015 in considerazione dei 22 mesi in più cui sono costrette ad uscire. Per gli uomini che vanno in pensione di vecchiaia i quattro mesi in più di età mitigano la riduzione dei coefficienti prevista per il 2016 , ma rispetto alla vecchiaia a 66 anni e 3 mesi con i precedenti coefficienti 2013, perdono comunque lo 0,99%” (Fonte: www.ilsole24ore.com )

Secondo il sito www.lavoroepensioni.it in definitiva : “… per le donne dipendenti del settore privato l’età di uscita per vecchiaia passerà dai 63 anni e 9 mesi del 2015 a 65 anni e 7 mesi (compreso l’innalzamento di 4 mesi dell’aspettativa di vita), mentre le autonome potranno prendere l’assegno solo dopo aver compiuto 66 anni e 1 mese.

Nella Legge di stabilità appena approvata comunque è prevista la possibilità per le donne che entro il 2015 compiono 57 anni e tre mesi di età (58 per le autonome) e 35 anni di contributi di uscire dal lavoro anche il prossimo anno, una volta atteso il periodo previsto dalla finestra mobile (un anno per le lavoratrici dipendenti e un anno e mezzo per le autonome).

Per quanto riguarda gli uomini invece dall’anno prossimo potranno andare in pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi, mentre per la pensione anticipata saranno necessari 42 anni e 10 mesi di contributi (compreso l’incremento di 4 mesi della speranza di vita).”

Secondo l’articolo pubblicato su www.messaggero.it “PENSIONI, COSA ASPETTARSI DAL 2016”: “Dal prossimo anno scatterà sia il gradino previsto dalla legge Fornero per la pensione di vecchiaia delle donne, sia l’aumento di 4 mesi per tutti legato alla speranza di vita, sia la revisione dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo.

Ciò vuol dire che, dal 2016 gli uomini andranno in pensione 4 mesi più tardi rispetto all’anno che sta per chiudersi, ma avranno un taglio sulla pensione contributiva di circa l’1% a causa della riduzione dei coefficienti di trasformazione in rendita del montante contributivo che scatta l’anno prossimo. A tirare le somme è stata Antonietta Mundo, responsabile del servizio statistico attuariale dell’INPS. Secondo i calcoli, per le donne si avrà un aumento della parte di pensione calcolata con il metodo contributivo del 4% in considerazione dell’età più elevata alla quale usciranno. Se, fino a tutto il 2015, le donne andavano in pensione a 62 anni e tre mesi dal 2016 saranno necessari 65 anni e 7 mesi. Quindi le dipendenti del settore privato avranno un assegno più alto dall’anno prossimo, ma andranno in pensione 3 anni e quattro mesi più tardi rispetto al 2013 e 22 mesi dopo rispetto al 2015.”

www.contattonews.it aggiunge alla notizia una visione diversa: La conferenza di fine anno del Presidente del Consiglio Renzi ha riacceso il dibattito sulla riforma delle pensioni, in particolare i sindacati hanno colto l’occasione per riaffermare le proprie posizioni in merito. Il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, come riportato da askanews, ha commentato: “La Legge di stabilità non ha modificato la Legge Fornero sulle pensioni: nel 2016, per tanti italiani, le conseguenze saranno pesantissime. Intanto, però, com’è stato per tutto il 2015, il Governo torna a fare annunci e, così, al danno si aggiunge anche la beffa”.

Ed ha aggiunto: “Il Governo deve ascoltare le parti sociali che conoscono bene i problemi ed hanno avanzato proposte precise. Noi crediamo che sia necessario, innanzitutto, reintrodurre la flessibilità di accesso alla pensione per tutti, a partire da 62 anni, dando una risposta anche alle donne che, dal 2016, saranno fortemente penalizzate. Bisogna, inoltre, ripristinare la piena rivalutazione delle pensioni in essere». Ha poi concluso: «In assenza di risposte del Governo, la Uil, insieme a Cisl e Cgil, continuerà la mobilitazione affinché dal sistema previdenziale italiano siano eliminate le ingiustizie”.”

A giustificare l’allungamento dei tempi per il raggiungimento della pensione, è L’AUMENTO DELL’ ASPETTATIVA DI VITA.

Bene … Come al mettiamo con la qualità della vita oltre una certa soglia di età? E come la mettiamo con i lavori usuranti, logoranti e poco affini con attività svolte dopo una certa età?

Secondo un mio modesto avviso, direi che sarebbe necessario uno studio dettagliato e preciso, effettuato su scala nazionale per dimostrare come si arriva all’età pensionistica per ogni tipologia di lavoro. In modo da avvallare l’ipotesi che allungare l’età pensionistica sia controproducente per determinate attività lavorative. Tacitamente sostengo che la professione infermieristica potrebbe essere una di queste!

Maurizio Limitone

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