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Pazienti con fibrillazione atriale e portatori di bioprotesi valvolari mitraliche: rivaroxaban valida alternativa al warfarin

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Fibrillazione atriale, mortalità inferiore per pazienti sottoposti a TAVI e trattati con anticoagulanti orali diretti
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E’ quanto emerge dallo studio RIVER, che ha arruolato 1.005 in 49 siti del Brasile.

Rivaroxaban costituisce una valida alternativa al warfarin nei pazienti con fibrillazione atriale e portatori di bioprotesi valvolari mitraliche. E’ quanto emerge da uno studio presentato alle sessioni scientifiche del congresso virtuale 2020 dell’American Heart Association (AHA).

I pazienti con fibrillazione atriale e portatori di bioprotesi valvolari mitraliche richiedono un’anticoagulazione a lungo termine, ha osservato Otavio Berwanger, HCor Research Institute e Hospital Israelita Albert Einstein, San Paolo, Brasile. Tuttavia, la strategia terapeutica ottimale per questi pazienti rimane incerta, anche perché i dati relativi all’efficacia e alla sicurezza dei farmaci anticoagulanti orali per via diretta provengono da piccoli sottogruppi di studi più ampi. Ad esempio, nello studio ARISTOTLE, solo 31 pazienti erano affetti da fibrillazione atriale e da una valvola bioprotesica mitrale e nello studio ENGAGE-TIMI 48, appena 131.

Lo studio RIVER (Rivaroxaban Versus Warfarin in Patients With Atrial Fibrillation and Bioprosthetic Mitral Valves) è stato condotto in 49 siti in Brasile e ha arruolato 1.005 pazienti con fibrillazione atriale (~96%) o flutter (~4%) e portatori di una valvola mitrale bioprotesica. I pazienti sono stati randomizzati 1:1 a rivaroxaban 20 mg al giorno (15 mg per una clearance della creatinina di 30-49 ml/min) o warfarin (target di INR 2.0-3.0 incluso).

L’endpoint primario dello studio, un rial di non inferiorità, era un composito a 12 mesi che prendeva in esame decessi, eventi cardiovascolari maggiori (ictus, attacco ischemico transitorio, embolia sistemica, trombosi valvolare, o ricovero ospedaliero per insufficienza cardiaca) o emorragie maggiori, con una analisi del tempo medio di sopravvivenza limitato (RMST) cioè del tempo medio libero da un evento di esito. Nell’analisi intention-to-treat al follow-up di 1 anno, il tempo di sopravvivenza senza eventi era di 7,4 giorni più lungo con rivaroxaban che con warfarin (differenza RMST, da -1,4 a 6,3; margine di non inferiorità, -8 giorni)

“Ci sono stati troppo pochi pazienti arruolati da due a novanta giorni dopo l’intervento con la biovalvola per concludere molto su questo periodo a rischio”, ha osservato il discussant dell’AHA, Elaine M. Hylek, della Boston University School of Medicine. Tra gli endpoint secondari di efficacia, il tasso di ictus totale ha favorito significativamente il rivaroxaban (0,6% vs 2,5%; P = 0,03). I tassi di eventi di sanguinamento erano simili in entrambi i gruppi.

“I risultati dello studio RIVER sono coerenti con le ricerche precedenti, tra cui ROCKET e altri studi fondamentali di farmaci anticoagulanti per via orale diretta, e possono informare la pratica clinica per i pazienti portatori di bioprotesi valvolari mitraliche – ha detto l’autore priuncipale dello studio, Otavio Berwanger, cardiologo ed epidemiologo, direttore dell’Istituto di ricerca Hcor, Heart Hospital (Hospital de Coracao) di San Paolo, Brasile –. Questo è il più grande studio progettato per valutare la sicurezza e l’efficacia degli anticoagulanti per via orale diretta nei pazienti portatori di bioprotesi valvolari mitraliche e che presentano fibrillazione o flutter atriale. Precedenti studi di anticoagulanti orali diretti contro warfarin per la fibrillazione atriale o flutter hanno incluso meno di 200 pazienti portatori di bioprotesi valvolari mitraliche”.

I pazienti che hanno ricevuto rivaroxaban hanno avuto una media di quasi un anno (347,5 giorni) liberi dall’endpoint primario, simile a quelli trattati con warfarin (340,1 giorni). “Inoltre – ha aggiunto Berwanger – il nostro intervallo di confidenza ha probabilmente escluso una dimensione dell’effetto superiore a 1,4 giorni libera da eventi che favoriscono il warfarin, dimostrando chiaramente l’effetto di non inferiorità dello rivaroxaban in questo contesto clinico. C’è stato un trend numerico altrettanto non significativo che ha favorito rivaroxaban per la maggior parte degli endpoint secondari, tuttavia l’incidenza dell’ictus era più bassa nel gruppo rivaroxaban che nel gruppo del warfarin. È importante notare che gli eventi di sicurezza come la trombosi valvolare, il sanguinamento maggiore/non maggiore clinicamente rilevante e il sanguinamento totale non erano statisticamente diversi tra il gruppo rivaroxaban e il warfarin”.

Un’analisi del sottogruppo del 18,8% dei pazienti RIVER con impianto di valvola mitralica bioprotesica nei tre mesi precedenti ha mostrato una media di 35,1 giorni in più senza evidenza dell’esito primario rispetto ai pazienti trattati con warfarin. “I risultati del RIVER trial – ha proseguito Berwanger – sono coerenti con le ricerche precedenti, tra cui ROCKET e altri studi fondamentali condotti con i DOAC, e possono informare la pratica clinica per i pazienti con valvole mitrali bioprotesiche. Per un sottogruppo di pazienti con una sostituzione della valvola mitrale negli ultimi tre mesi, rivaroxaban è stato statisticamente e clinicamente superiore al warfarin”.

I principali limiti dello studio sono il designo in aperto e il fatto che i risultati non possono essere estrapolati per i pazienti portatori di bioprotesi valvolari mitraliche in posizione aortica, o quelli con stenosi mitralica o con valvole meccaniche. Gli studi in queste popolazioni sono attualmente in corso.

Redazione Nurse Times

Fonte: PharmaStar

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