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Palmarini (UIL Emilia Romagna) contro lo sfruttamento degli infermieri e professionisti in sanità

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Grave carenza di infermieri all'Ospedale di Melfi: la denuncia della Fials
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Il Segretario Generale della UIL FPL Paolo Palmarini per l’Emilia Romagna riprende in un comunicato la grave situazione del precariato in sanità che penalizza tutti i professionisti vittima di questo sistema

“Le attività dell’Ispettorato del Lavoro di Bologna confermano le nostre preoccupazioni. Da diverso tempo nelle occasioni di confronto con le direzioni delle aziende sanitarie pubbliche e private, la UIL FPL evidenzia la necessità di utilizzare gli adeguati strumenti di acquisizione del personale a tutela della migliore organizzazione del lavoro e dei cittadini” afferma Palmarini.

“E’ infatti evidente che il capitale umano in sanità riveste un ruolo rilevantissimo sia in termini di prima formazione che di esperienza e conoscenza dei singoli contesti organizzativi.

Questo implica – secondo Paolo Palmarini – che le Aziende Sanitarie devono privilegiare la logica che un infermiere, come qualsiasi altra professione sanitaria, rappresenta un investimento e non semplicemente un numero per tappare buchi nelle dotazioni organiche.

Al di la della irregolarità di forme atipiche del rapporto di lavoro che vanno giustamente sanzionate ci chiediamo se la migliore qualità e organizzazione del lavoro in una struttura sanitaria possa essere garantita da strumenti quali “l’infermiere a chiamata” che a nostro avviso male si addice a quel principio di investimento sul capitale umano a cui le strutture sanitarie, a partire da quelle pubbliche, devono tendere.

In alcune Regioni, considerata la mancanza di medici si stanno predisponendo percorsi per richiamare in servizio medici in pensione, ma dove questa carenza al momento non si osserva, tant’è che esistono nutrite graduatorie concorsuali ad esempio di infermieri, diventa veramente incomprensibile ogni decisione che non privilegi il rapporto di lavoro a tempo indeterminato o, in subordine, quello a tempo determinato sicuramente più strutturato che non il rapporto “a chiamata”.

Osserviamo la devastante disoccupazione giovanile, la degenerazione del lavoro la dove il lavoratore risponde ad un algoritmo attraverso una piattaforma digitale. Dove si hanno possibilità di dare lavoro strutturato ai nostri giovani, come nel caso degli infermieri, peraltro con alta incidenza di occupazione femminile, riteniamo che le dotazioni organiche debbano essere garantite con rapporti di lavoro a tempo indeterminato, utilizzando il lavoro a tempo determinato esclusivamente per sostituzioni temporanee di lunghe assenze.

La continuità assistenziale, la conoscenza dei contesti lavorativi, il rapporto costante e continuativo con i colleghi e con altre professioni sono infatti valori per le strutture e per i cittadini che male si conciliano con la semplice logica “della copertura dei buchi in organico” attraverso forme atipiche del rapporto di lavoro.

Come UIL – conclude Paolo Palmarini – abbiamo sottoscritto circa un anno fa un ottimo accordo con la Regione sulla stabilizzazione di migliaia di professionisti che da tempo lavorano nelle strutture sanitarie pubbliche e ci aspettiamo che questa sia la prospettiva da seguire per il futuro, sia negli ospedali pubblici sia in quelli privati”.

Due maxi-operazioni dell’Ispettorato del lavoro di Bologna hanno infatti rivelato le  degenerazioni del lavoro nella sanità bolognese.

Sono circa duecento gli infermieri a chiamata gestiti da studi professionali in modo irregolare nei principali ospedali pubblici e privati, con piattaforme online simili a quelle dei fattorini del cibo a domicilio.

Sfruttando necessità reali delle famiglie e buchi di organico delle strutture, le società gestiscono il personale in un modo che gli ispettori hanno contestato come irregolare chiedendo assunzioni dirette, erogando multe salate e contestando contributi non versati per oltre due milioni di euro.

L’infermiere a chiamata contestato dagli ispettori che hanno  chiesto l’assunzione diretta dei 200 lavoratori, contestato il mancato versamento di due milioni di euro di contributi e fatto multe agli studi da 40mila euro ciascuno, che possono raddoppiare nel corso del contenzioso.

 

Redazione NurseTimes

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