Il reparto è ormai al collasso e il personale teme le conseguenze legali di eventuali errori, che sono sempre dietro l’angolo.
Continua a far discutere la sentenza di condanna a otto mesi di reclusione per omicidio colposo inflitta a un infermiere triagista 35enne dell’ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano (Torino), responsabile, secondo il giudice, della morte di un paziente 63enne al quale aveva assegnato un codice verde. L’episodio risale al 2019.
Dopo le rimostranze della Simeu (Società italiana medicina emergenza e urgenza), ecco la dura presa di posizione assunta da 48 infermieri del Pronto soccorso di Orbassano, che hanno chiesto di essere trasferiti in altri reparti, minacciando anche di mettersi in malattia pur di non lavorare in un ambiente non più consono al loro benessere psicofisico. Già, perché la situazione, nel reparto di emergenza-urgenza, è ormai insostenibile a causa della carenza di personale, che costringe gli operatori a lavorare in condizioni di forte stress, aumentando il rischio di errori (come quello commesso dal triagista condannato).
“Adesso tutti abbiamo paura di fare il triage, perché operiamo in condizioni che aumentano notevolmente il rischio per la vita dei pazienti”, dice Luca Zanotti, rappresentante del sindacato Nursind e infermiere del San Luigi Gonzaga, aggiungendo: “Non intendiamo entrate nel merito della vicenda giudiziaria né nel dramma della famiglia, ma chiediamo di rivedere il sistema
“, dal momento che “non riusciamo più a garantire un’assistenza di qualità”. Inoltre ora “il personale sanitario teme conseguenze legali
“. Senza dimenticare che “chi svolge funzione di triage non riceve indennizzi”
. E tornando all’infermiere condannato: “Poteva accadere a ciascuno di noi. Ecco perché gli esprimiamo la nostra vicinanza. Noi siamo le vittime, non i colpevoli
“.
Redazione Nurse Times
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