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“Moscati” di Avellino, quante criticità in Terapia intensiva: la protesta di Nursind e la replica del primario

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Avellino, ancora violenza nel pronto soccorso del “Moscati”: Nursind invoca provvedimenti
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Sovraffollamento e pazienti sulle barelle, infermieri sottodimensionati e demansionati. Botta e risposta al veleno sui (presunti) ricoveri programmati.

Esplode la protesta degli addetti dell’Unità operativa di Terapia intensiva cardiologica (Utic), dell’ospedale “Moscati” di Avellino. È Nursind a denunciare sovraffollamento e criticità della struttura. Romina Iannuzzi, numero uno del sindacato infermieristico, parla di «condizioni lavorative drammatiche». Questo perché i pazienti sarebbero sistematicamente in sovrannumero, mentre gli infermieri sarebbero la metà: «Il reparto dovrebbe ospitare 8 posti letto in Terapia intensiva cardiologica e due in sub-intensiva. Invece il numero dei pazienti è sistematicamente maggiore e si arriva puntualmente a 13». Con un fatto ulteriore che il sindacato sottolinea: «I pazienti in sovrannumero, in Terapia intensiva, finiscono sulle barelle».

Infermieri sottodimensionati, insomma. «Parliamo di 3 infermieri a turno, anche quando i pazienti sono 13 – prosegue Iannuzzi –, sebbene le linee guida regionali dicano che il rapporto tra pazienti e infermieri dovrebbe essere di 1 a 2. Questo rapporto potrebbe essere anche di un infermiere ogni 4 pazienti, ma così non è mai. E gli infermieri dovrebbero essere almeno il doppio di quanti sono».

Non solo. Gli addetti lamentano anche un demansionamento di fatto: «Nel reparto c’è soltanto un operatore socio-sanitario. E così gli infermieri sono costretti a svolgere anche questa mansione». Le criticità esposte dal Nursind nascono dal fatto che per 10 anni la sanità pubblica in Campania ha vissuto il blocco del turnover. Chi andava in pensione non veniva sostituito. Così, oggi, l’Unità operativa di Terapia intensiva cardiologica dovrebbe avere circa 45 infermieri tra Utic e Cardiologia, ma ce ne sarebbero in tutto una trentina.

Gli effetti di queste carenze si riverberano negativamente sull’utenza e sul personale. «È vero – rilancia Iannuzzi –, negli anni c’è stato il blocco del turnover, ma oggi scontiamo anche la lentezza delle assunzioni. Questo reparto è quello che sta soffrendo di più, nonostante l’azienda, a quanto pare, continui in questa fase a svolgere attività che dovrebbero essere ferme per smaltire le liste di attesa».

Il dubbio sollevato da Iannuzzi, infatti, è che, a fronte della situazione esposta, vengano comunque disposti sistematicamente i cosiddetti ricoveri programmati: «Abbiamo segnalato anche questo nella missiva indirizzata al primario Di Lorenzo. Dalle nostre informazioni, quei ricoveri programmati, che poi fanno finire i pazienti sulle barelle, dovrebbero essere sospesi. Avevamo già dichiarato lo stato di agitazione per il Pronto soccorso e ci eravamo fermati dietro la promessa di nuove assunzioni. Ora siamo preoccupati perché parliamo di reparti di emergenza-urgenza e c’è il rischio che, con l’estate e le ferie, la situazione peggiori».

Le condizioni del reparto son ben note al primario Emilio di Lorenzo, che parte però da un chiarimento: «Contesto assolutamente che ci siano ricoveri programmati in Terapia intensiva. È una bestialità e sfido chiunque a dire il contrario. In Unità coronarica va solo l’emergenza e, essendo il nostro un centro hub che riguarda anche Avellino e Benevento, abbiamo come riferimento un territorio vasto e una grande utenza».

Su barelle e carenze di personale, però, Di Lorenzo è consapevole delle difficoltà: «Il problema delle barelle c’è, e nessuno lo nasconde. Ma è decisamente inferiore a quanto avviene nel resto della Campania. Sul punto svolgo un monitoraggio molto attento e posso dire che, dall’inizio dell’anno, la presenza di pazienti sulle barelle si è verificata per circa 20-25 giorni in tutto. Per non più di 5-6 ore per volta».

A sentire il primario, però, non c’è alternativa: «Il problema, purtroppo, è cronico ed è legato ai periodi di iper-afflusso. Ma una cosa è certa: l’alternativa sarebbe erigere un muro e trasferire fuori provincia pazienti ipercritici. E per me, prima di tutto, viene l’etica professionale. Tra l’altro, se anche così non fosse, è la legge che mi obbliga a trattare i pazienti in Terapia intensiva». Considerata la natura del reparto del “Moscati”, che risulta hub regionale per questa specialità, non ci sarebbero quindi molte alternative. Persino aumentare il numero dei posti letto, per il primario, «potrebbe determinare problemi di inappropriatezza delle prestazioni, mentre oggi l’indice del “Moscati” è altissimo».

Quanto al sottodimensionamento del personale, infine, Di Lorenzo si mostra solidale al cento percento con gli operatori: «È vero, lavorano tantissimo, e io sono loro grato per quello che fanno. Del resto, qui siamo quasi a zero per gli operatori socio-assistenziali. Ma non posso mandare fuori i pazienti per questa ragione. Certo, avere più infermieri ci aiuterebbe, e c’è un avviso pubblico per nuove assunzioni. Ma le risorse regionali sono limitate e l’azienda ha difficoltà a incamerare nuovo personale».

Redazione Nurse Times

Fonte: www.orticalab.it

 

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