Mentre lavo le mani dopo aver usato la toilette, in uno dei tanti bagni presenti nell’aeroporto di una grande città italiana, mi accorgo che la signora che si trova accanto a me sta guardandomi con uno sguardo perplesso ed incuriosito, alzo lo sguardo e sorrido e quasi ad aver letto nei suoi pensieri rispondo: “la forza dell’abitudine. Sono un’infermiera”.
Sorride a sua volta e si accommiata con un saluto. In fila per l’imbarco quello sguardo mi induce a strane riflessioni.
Chissà in quanti e quali altre circostanze il lavoro ha modificato il mio quotidiano, faccio mente locale e comincio ad elencare le cose in cui il mio lavoro ha dato segno di se e sorrido, ma sì, di certo la vecchia abitudine di tenere delle spugne per il corpo in bagno l’ho modificata a causa del mio lavoro qualche anno fa, eliminandole.
Portare con se della molecola idroalcolica, da tenere nella borsa come si fa con i fazzolettini o con il rossetto, altra abitudine dettata dal mio lavoro di infermiera specialista del rischio infettivo.
Sorrido tra me e me e guardo le mie mani, unghie corte e senza smalto e nessun monile. Comincio a preoccuparmi ci penso solo da qualche minuto e già posso contare sulle punte delle mia dita i cambiamenti avvenuti senza essermene quasi accorta.
Mi sovviene alla mente (che strani giri fanno i nostri pensieri!) un passo di una bellissima lettera di Rainer Maria Rilke in cui quest’ultimo, a proposito del nuovo, dice che questo entra in noi come un’ospite inatteso entrato in casa nostra e di cui non ci siamo neanche accorti e che pur tuttavia ci ha trasformati nel profondo, così il nostro lavoro.
Approfittando dei tempi morti in attesa dell’imbarco, realizzo che il lavoro non ha inciso solo sul modo in cui faccio certe cose, (tipo far scorrere per qualche minuto l’acqua calda quando uso le docce degli alberghi o cambiare spesso gli spazzolini da denti o lavare spesso gli asciugamani) ma ha influenzato il modo in cui analizzo le situazioni e l’abitudine di verificare l’attendibilità delle fonti da cui provengono le informazioni, e per finire nel riflettere prima di parlare.
Per un attimo credo che il sorriso abbia ceduto il passo alla riflessione seriosa. Ma finalmente si parte.
Credo che il nostro lavoro incida sul nostro comportamento e sulla nostra quotidianità, più di quanto uno non immagini. Sono certa che ciascuno di voi, se solo si fermasse un attimo a riflettere, potrebbe fare una sua personale lista del modo in cui il lavoro ha modificato comportamenti e modi di fare.
Scommettiamo?
Rosaria Palermo
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