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Mantova, infermieri del triage in rivolta al “Carlo Poma”

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Mantova, infermieri del triage in rivolta al “Carlo Poma”
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Super lavoro e turni massacranti per l’esiguo personale sanitario. Al pronto soccorso la situazione è diventata esplosiva.

L’intero pronto soccorso dell’ospedale di Mantova è in rivolta. La causa? Medici con turni massacranti, che riescono a malapena a fare un giorno di riposo al mese, e infermieri stravolti dalla mole di lavoro (sono nove in meno rispetto all’organico previsto), costretti ogni giorno a vedersela con pazienti che, per le loro patologie, potrebbero benissimo rivolgersi al medico di base. Uso inappropriato dei trasporti con le ambulanze, che rischiano di essere sottratte a interventi più urgenti. E un servizio, quello dedicato ai codici bianchi (vale a dire a patologie più lievi), che gli infermieri non possono più garantire. Lo hanno tenuto in vita fino a poco tempo fa, ma ora va verso la sospensione perché da quattro mesi non viene pagato.

Insomma, la situazione al pronto soccorso del “Carlo Poma” è diventata esplosiva. La pazienza del personale del triage, lo sportello di accoglienza del pronto soccorso, sembra esaurita. In settimana gli infermieri avranno un incontro con la direzione sanitaria. Se non ci saranno risposte adeguate da parte dei vertici dell’azienda ospedaliera, il personale del triage sarebbe pronto ad assumere drastiche iniziative.

Medici con turni massacranti, s’è detto. L’organico completo ne prevede ventitre. In tre, però, si sono dimessi e quattro sono in malattia. Siamo quindi a quota sedici. Sul filo del rasoio perché per ogni turno ne servono quindici. Il concorso fatto lo scorso anno ha visto la partecipazione di trenta medici, ma chi l’ha superato ha preferito andarsene in altre strutture regionali. Quest’anno la partecipazione s’è ridotta a otto concorrenti. Non va meglio nei presidi di provincia, dove si sta assistendo a un vero e proprio fuggifuggi generale.

Al pronto soccorso di Pieve di Coriano ci sono cinque medici. Per coprire il turno giornaliero ne servirebbero sei. Per di più, il 1° giugno, si è licenziato anche il primario, che ha preso servizio in una struttura ospedaliera a Peschiera del Garda. Un altro pressante problema da risolvere, come detto, è lo scorretto utilizzo delle ambulanze: ci sono ricoveri ospedalieri fatti attraverso l’utilizzo dei mezzi di soccorso che hanno davvero dell’incredibile.

Negli ultimi giorni, due casi eclatanti. Il 118 ha inviato un’ambulanza per trasportare all’ospedale una ragazza con una distorsione alla caviglia. Al seguito, in auto, i famigliari. Serviva davvero l’ambulanza? Come nell’altro caso: una ragazza sul mezzo di soccorso per una sospetta frattura a un dito della mano sinistra. Per non parlare di un noto ubriacone, arrivato in ospedale tenendosi ben stretta la bottiglia di vino.

Ci sono persone che sostano in sala d’attesa fino a dodici ore consecutive, con il personale che non può fare nulla per accelerare i tempi, proprio a causa della carenza di organico. Per non parlare degli insulti, delle aggressioni fisiche e verbali di cui medici e infermieri sono bersaglio. «Servono provvedimenti radicali e scelte precise», commentano al pronto soccorso.

 

Giuseppe Papagni

 

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