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Malattia cardiovascolare aterosclerotica: pari effetto dell’aspirina a bassa o ad alta dose

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Malattia cardiovascolare aterosclerotica: pari effetto dell'aspirina a bassa o ad alta dose
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Questa la conclusione a cui sono giunti gli autori dello studio ADAPTABLE, presentati all’edizione 2021 del Congresso dell’American College of Cardiology.

Il trattamento di pazienti affetti da malattie cardiovascolari aterosclerotiche (ASCVD) con aspirina a basso dosaggio è altrettanto efficace dell’uso della dose da 325 mg per la prevenzione dei principali eventi cardiovascolari (CV), ed entrambe le dosi sono associate a un tasso molto basso di sanguinamento, secondo i risultati dello studio ADAPTABLE pragmatico in aperto, appena presentati all’edizione 2021 del Congresso dell’American College of Cardiology (ACC.21) e pubblicati contemporaneamente sul New England Journal of Medicine.

I risultati suggeriscono l’equivalenza tra le due dosi e dovrebbero aiutare a informare la pratica clinica, in cui c’è qualche incertezza sulla giusta dose di aspirina per la prevenzione secondaria, dicono i ricercatori guidati da William Schuyler Jones, del Duke University Medical Center di Durham. Tuttavia ci sono alcuni punti interrogativi sull’affidabilità di questi nuovi risultati, in particolare dato l’alto tasso di crossover dai gruppi di aspirina ad alta o bassa dose.

«I risultati hanno mostrato che non c’era differenza tra le dosi da 81 mg e 325 mg – ha riferito l’investigatore principale –. C’è stato qualche switch di dose nel gruppo da 325 mg che rende un po’ difficile capire la risposta assolutamente corretta ma pensiamo, in generale, che questo risponda alla domanda, specialmente per la maggior parte dei pazienti. Coloro che assumono la dose di 81 mg dovrebbero continuare a prendere 81 mg di aspirina giornaliera».

Per i pazienti che attualmente assumono la dose di 325 mg, si tratta di una decisione più sfumata. Se tollerano la dose più alta, allora potrebbero far meglio a continuare a prenderla, ha detto Jones, soprattutto perché il tasso complessivo di sanguinamento è molto basso.

Incertezze nelle linee guida al momento del progetto dello studio – La European Society of Cardiology attualmente raccomanda l’aspirina a basso dosaggio per i pazienti con ASCVD stabile, ma le linee guida cliniche ACC/AHA (American Heart Association) non prendono una posizione definitiva sul dosaggio di aspirina in tali pazienti. Al momento in cui lo studio ADAPTABLE veniva disegnato, i dati del National Cardiovascular Data Registry hanno mostrato che più del 60% dei pazienti dimessi dopo un infarto miocardico (IM) è stato trattato con la dose di 325 mg, ha osservato Jones. «C’era sicuramente una qualche incertezza sulla dose – ha detto –. Nel corso degli ultimi 10 anni, tuttavia, la tendenza si è spostata maggiormente verso la dose da 81 mg basata sulle linee guida europee e su altre linee guida negli Stati Uniti. All’inizio dello studio, però, pensavamo che ci fosse un bilanciamento (equipose)».

Lo studio è stato condotto in 40 centri Usa partecipanti alla rete nazionale di ricerca clinica incentrata sul paziente (PCORnet) e i pazienti sono stati reclutati attraverso le cartelle cliniche elettroniche (EHR). I pazienti idonei hanno avuto accesso a un portale web per dare il consenso informato e sono stati quindi assegnati al trattamento, ovvero la dose da 81 mg o 325 mg che hanno acquistato in farmacia. Le visite di follow-up si sono tenute ogni 3 o 6 mesi e tutti gli esiti clinici sono stati accertati da remoto e senza aggiudicazione.

In totale, 15.076 pazienti con ASCVD sono stati arruolati e randomizzati al trattamento con una dose elevata o bassa. L’età media della popolazione era di 67,6 anni, la maggior parte dei pazienti erano uomini (68,7%) e quasi il 90% erano caucasici. Al basale, un terzo dei pazienti aveva un IM pregresso e il 53,0% aveva una precedente procedura di rivascolarizzazione coronarica entro cinque anni dall’iscrizione allo studio.

Dopo un follow-up mediano di 26 mesi, la morte per qualsiasi causa, il ricovero in ospedale per IM o il ricovero per ictus si sono verificati nel 7,28% dei pazienti trattati con la dose da 81 mg e nel 7,51% dei pazienti che hanno ricevuto la dose da 325 mg (HR 1,02; IC al 95% 0,91-1,14). Considerando i singoli individui, non c’era alcuna differenza nel rischio di alcuno degli endpoint, né c’era alcuna differenza nel rischio di ospedalizzazione per la chirurgia per attacco ischemico transitorio (TIA) o intervento coronarico percutaneo (PCI)/by-pass aorto-coronarico (CABG). Allo stesso modo, non c’era differenza nell’endpoint primario di sicurezza. I tassi di sanguinamento maggiore che hanno richiesto trasfusione di emoderivati sono stati rispettivamente dello 0,63% e dello 0,60% con le dosi da 81 mg e 325 mg (HR 1,18; IC al 95% 0,79-1,77).

Nel corso della sessione, Jones ha detto che le ragioni dell’interruzione/switch dell’aspirina erano piuttosto eterogenee, andando dalla preferenza del paziente ai cambiamenti iniziati da un medico. In un’analisi di sensibilità incentrata sui pazienti che hanno aderito alla dose randomizzata di aspirina, il rischio di mortalità, IM o ictus era più alto tra coloro che hanno assunto la dose più bassa (HR 1,25; IC 95% 1,10-1,43), ma i ricercatori hanno esortato alla cautela nell’interpretare tale analisi dato la potenziale presenza di bias.

Dato il carattere pragmatico dello studio, Jones ha rimarcato che pochi aspetti di ADAPTABLE erano convenzionali e ha specificato che, mentre non c’era un comitato per eventi clinici per giudicare gli eventi, tali eventi sono stati riconosciuti da più fonti di dati, tra cui le EHR, i dati sulle richieste di risarcimento e i rapporti dei pazienti. «Abbiamo agito in un modo diverso, ma pensiamo che la raccolta di eventi sia stata piuttosto sistematica», ha affermato Jones.

I limiti dello switch di dose e i punti di forza della ricerca – All’epoca in cui ADAPTABLE fu eseguito, furono pubblicati diversi studi che testavano l’aspirina in prevenzione primaria, tra cui ASPREE, ASCEND e ARRIVE, e il consenso di quegli studi era che l’aspirina era in gran parte inutile nell’impostazione della prevenzione primaria. Dato che i pazienti in ADAPTABLE avevano tutti ASCVD stabilita, è possibile che i risultati di quegli studi abbiano influenzato l’aderenza alla dose di farmaci nello studio.

«Pensiamo sicuramente che le prospettive o le preferenze dei pazienti possano aver giocato un ruolo nello switch della dose e nell’aderenza – ha affermato Jones –. Poiché tre degli studi di prevenzione primaria sono stati pubblicati nel corso del nostro studio, abbiamo avuto molta confusione, non solo nei pazienti, ma anche nei medici che pensavano che l’aspirina non fosse utile. Vogliamo sicuramente che le persone che escono da ADAPTABLE pensino che l’aspirina sia ancora utile. Riteniamo che la dose da 81 mg sia quella più adatta in prevenzione secondaria».

In futuro Jones immagina che possa essere possibile miscelare la metodologia tradizionale degli studi clinici con un disegno pragmatico. Per esempio, i pazienti potrebbero ancora essere reclutati, arruolati e monitorati tramite le EHR, ma i farmaci potrebbero essere inviati a coloro che sono randomizzati al trattamento, il che dovrebbe aiutare nell’aderenza ai farmaci. Seppure il disegno dello studio presenti dei limiti, lo studio pragmatico ha anche numerosi punti di forza, ha detto Jones. Attraverso le EHR sono stati in grado di identificare più di 450.000 pazienti idonei a cui è stato chiesto di partecipare allo studio.

Inoltre, affidandosi alle EHR e ad altre informazioni riportate dal paziente, sono stati in grado di completare lo studio randomizzato a un costo significativamente inferiore rispetto agli studi tipici. Ha aggiunto che hanno usato nove patient-partner nello studio, che erano pazienti che hanno esaminato il protocollo di studio, le modifiche al protocollo e tutti i materiali rivolti al paziente. Inoltre, hanno fornito contributi su tutte le questioni relative allo studio.

Commenti cauti sui risultati ma interesse per il disegno pragmatico – “Il metodo può ora essere adattato e utilizzato in modo più ampio”, scrive in un editoriale che accompagna lo studio Colin Baigent, dell’Università di Oxford (UK), il quale però ritiene che l’alto tasso di crossover renda impossibile concludere che non vi sia alcuna differenza significativa tra le due dosi di aspirina: “L’esperienza di ADAPTABLE è un promemoria dell’importanza di alcuni fondamentali nel disegno e nello svolgimento di studi randomizzati”. Tuttavia Baigent riconosce che quando si pianifica un nuovo trial può essere difficile sapere dove possano sorgere problemi” dichiara. In ogni caso ha anche definito il trial un importante risultato per aver mostrato che negli Stati Uniti poteva essere condotto uno studio pragmatico a basso costo.

John McEvoy, della National University of Ireland di Galway, che ha guidato la revisione dell’aspirina per le linee guida ACC/AHA di prevenzione primarie del 2019, ha elogiato lo studio per il suo innovativo disegno pragmatico, definendo lo sforzo un importante passo avanti per gli studi basati negli Stati Uniti che utilizzano EHR.

«Come risultato di questo studio, spero che vedremo più pazienti muoversi verso una strategia di aspirina a basso consumo per la prevenzione secondaria delle malattie CV – ha commentato. Non credo che sulla base di questo studio, e sulla base di studi precedenti, ci siano prove abbastanza forti da giustificare l’uso continuo di aspirina ad alte dosi per questi pazienti».

Tuttavia McEvoy, come Jones, ha affermato che occorrono cautele nell’interpretazione dei risultati, rilevando che uno degli svantaggi dello studio in aperto era che i pazienti non erano in cieco rispetto al trattamento. Nel corso dello studio, che si è eseguito dal 2016 al 2019, oltre il 40% dei pazienti trattati con 325 mg è passato alla dose inferiore. Dato il gran numero di pazienti che sono scesi a 81 mg, così come il 7,1% che è passato dalla dose bassa alla dose più alta, c’è una qualche incertezza sui risultati.

McEvoy, comunque, ha affermato che lo sviluppo di PCORnet, che include 29 reti sanitarie, consentirà ai ricercatori di condurre futuri studi randomizzati pragmatici integrati nell’EHR come ADAPTABLE. Studi come questi sono comuni nei paesi con sistemi sanitari più connessi, come la Svezia, ma non sono stati finora possibili nel frammentato sistema sanitario statunitense. Uno dei prossimi passi sarà imparare come migliorare l’aderenza negli studi in aperto, ha affermato. Ciononostante, McEvoy si è congratulato con i ricercatori per i loro sforzi ed è ottimista sul fatto che i futuri studi pragmatici possano affrontare questioni relative all’aderenza. Ciò che si apprende da ADAPTABLE sarà prezioso per futuri studi pragmatici di grandi dimensioni.

Su questo si è detto d’accordo Donald Lloyd-Jones, della Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago, IL), uno dei partecipanti allo studio, che ha definito ADAPTABLE come uno studio pragmatico pionieristico, un tipo di trial che i ricercatori faranno sempre di più negli anni a venire. Seppure il disegno open-label rappresenti una limitazione dato il crossover dall’aspirina da alta a bassa dose, ha detto, «l’eredità più importante che ci lascerà questo studio sarà che sia stato eseguito mostrando così molte delle promesse e alcune delle insidie di questi grandi disegni pragmatici».  

Redazione Nurse Times

Fonte: PharmaStar

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