Tra il luglio 2017 e l’estate 2019 l’Azienda sanitaria versò 915.000 euro a Guido Dal Porto e ai suoi famigliari. Ora gli urologi Stefano Torcigliani e Giuseppe Silvestri dovranno “restituirle” rispettivamente 274.000 e 91.000 euro. Nel 2021 stessa sorte era toccata alla radiologa Claudia Gianni (181.000 euro).
Il risarcimento che l’Asl Toscana Nord Ovest versò al paziente a cui rimossero il rene sano, lasciandolo con il tumore all’organo residuo, viene ora chiesto alla Radiologa e ai due urologi condannati in primo grado a sei mesi per lesioni colpose aggravate. Dagli uffici di Pisa dell’Azienda sanitaria, tra il luglio 2017 e l’estate 2019, partirono bonifici per 915.000 euro. Destinatari delle somme, l’ex paziente Guido Dal Porto, 62 anni, e i suoi famigliari.
Prima condanna
Se nel 2021 la radiologa Claudia Gianni, 49 anni, era stata condannata in abbreviato a risarcire l’Asl con 181.000 euro (attivata la copertura assicurativa per il saldo della sentenza), l’ennesimo verdetto sul caso di malasanità arriva adesso per Stefano Torcigliani, 65 anni, urologo, primo operatore nell’intervento eseguito nel 2016 all’ospedale di Lucca, e per Giuseppe Silvestri, 67 anni, urologo, secondo operatore. La Corte dei Conti ha condannato Torcigliani e Silvestri a versare rispettivamente all’Asl 274.000 e 91.000 euro.
Ruoli e contestazioni
La magistratura contabile ha messo in fila i comportamenti dei tre medici: “Gianni in qualità di radiologa, avrebbe erroneamente indicato nel referto della Tac addomino-pelvica che il rene da operare era quello destro invece che il sinistro; il dottor Torcigliani, quale primo chirurgo urologo, avrebbe omesso di rivalutare attentamente il dato strumentale attraverso lo studio della Tac e con l’uso di un ureteroscopio flessibile lungo, che pure aveva a disposizione, sicché nell’effettuare l’intervento asportava il rene destro invece che quello sinistro; il dottor Silvestri, del pari, nella qualità di secondo chirurgo urologo, avrebbe partecipato all’intervento senza rivalutare attentamente il dato strumentale e senza servirsi dell’ureteroscopio flessibile lungo, così non accorgendosi dell’errore”.
Fronte penale estinto
Condannati in primo grado a sei mesi per lesioni colpose aggravate, la Corte d’Appello di Firenze nel novembre 2020 aveva “dichiarato il non doversi procedere per intervenuta estinzione del reato a seguito di remissione di querela, con la conseguente revoca delle statuizioni civili”. Secondo la Corte dei Conti, “la declaratoria di estinzione del reato non sconfessa l’estrema gravità dei fatti, giacché il delitto ascritto agli imputati era di natura colposa”.
Negligenza enorme
Nella sentenza si sottolinea che, “se fossero vere le circostanze rassegnate negli atti difensivi, la negligenza dei convenuti (i medici, ndr) sarebbe ancor più macroscopica e sconcertante, non essendo accettabile che si proceda ad un intervento demolitivo senza nemmeno avere la conferma (strumentale, o almeno solo visiva) dell’entità della neoplasia. In una situazione del genere, anche la paventata estrema ed assoluta urgenza nell’esecuzione dell’intervento (della quale, peraltro, non vi è prova alcuna) non avrebbe potuto giustificare in alcun modo l’operato dei due chirurghi, non essendo accettabile che si possa procedere all’asportazione di un organo così importante senza un minimo margine di certezza”.
Serietà e superficialità
Tranciante il giudizio dei giudici contabili su come i medici, con responsabilità diverse, si siano mossi in sala operatoria. “Come confermato da tutti i testimoni – si legge –, le immagini erano disponibili anche in sala operatoria e, come già accaduto in occasione della visita del 7 marzo 2016, non sono state prese in esame in maniera seria. Anche con un minimo di competenza, infatti, non sarebbe stato possibile, visionando i due reni, non rendersi conto dell’errore di lato, sicché l’unica spiegazione plausibile è che le immagini siano state visionate con superficialità assoluta, o che non siano state visionate affatto. Diversamente argomentando, invece, l’incapacità nel rilevare l’errore di lato denoterebbe un’imperizia di rara entità, decisamente inaccettabile per dei medici urologi”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Tirreno
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