E’ bufera dopo le dichiarazioni dell’assessore regionale al Welfare. Intervistata da Fanpage.it, Paola Pedrini, segretario della sezione lombarda della Federazione italiana medici di medicina generale, risponde per le rime.
Non sono mancate le reazioni alle parole proferite di Letizia Moratti in occasione della visita di sabato scorso all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Secondo l’assessore al Welfare e vicepresidente della Regione Lombardia, la carenza dei medici di base sarebbe solo una percezione, dovuta a una cattiva organizzazione del lavoro: “Il numero delle ore è profondamente diverso rispetto a chi lavora nelle strutture ospedaliere. Questa percezione di carenza non è data dai numeri, bensì dall’organizzazione”.
Contattata da Fanpage.it, Paola Pedrini, segretario della sezione lombarda della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg), ha definito “superfiali” tali parole, affermado che l’assessore “non conosce il nostro lavoro”. Di seguito l’intervista completa.
Dottoressa, a cosa è dovuta la carenza di medici di base in Lombardia?
“Finché non si fa un investimento serio sul territorio, la medicina di famiglia sarà sempre poco attrattiva. Questa è una cosa che segnaliamo da tempo e nessuno ci ha mai risposto. Qualche aumento di borse di studio in medicina generale è stato fatto, ma i posti del concorso che è stato poi bandito non sono stati coperti completamente perché molti si spostano su altre specializzazioni, le cui borse di studio sono altrettanto aumentate. Fin quando non si investe, non si dà un sostegno vero al medico di famiglia, non lo si affianca con del personale amministrativo e infermieristico, lo si lascia lavorare da solo e senza strumenti – non c’è nessun investimento concreto sulla telemedicina –, la carenza diverrà drammatica”.
Quindi non basterà solo aumentare il personale per lasciare gli ambulatori aperti per più tempo?
“Il problema è che c’è un errore di fondo: il medico di famiglia non lavora solo in ambulatorio, c’è un lavoro di back office, un lavoro amministrativo, ci sono le visite a domicilio dei pazienti fragili. Il lavoro del medico di famiglia non si limita alle ore di ambulatorio: già questo è un preconcetto sbagliato”.
Queste affermazioni arrivano dopo che, durante la crisi pandemica , è stato esaltato il ruolo della medicina territoriale…
“Evidentemente si sono già dimenticati tutto. Perché queste informazioni vanno in senso opposto rispetto a quanto abbiamo fatto e arrivano nonostante il nostro impegno nella pandemia, nell’eseguire i tamponi, nel somministrare le vaccinazioni anti-covid e per l’impegno profuso nelle vaccinazioni influenzali. Anche l’anno scorso, nonostante tutte le criticità dovute a Regione, la medicina di famiglia è riuscita a vaccinare un ottimo numero di persone. E adesso stiamo per ripartire con la campagna vaccinale anti-influenzale sempre con problemi organizzativi e sempre di Regione, non dei medici di famiglia. E nonostante questo impegno, ci viene detto che lavoriamo poco. Queste sono affermazioni superficiali di chi non conosce il lavoro del medico di famiglia”.
Redazione Nurse Times
Fonte: fanpage.it
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