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Lo studio APRI rivela: tutti gli infermieri occupano 1/3 del proprio turno in attività demansionanti. Urge rivoluzione culturale

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Giuseppe Piazza Adesso basta: nasce il movimento “infermieri in cambiamento”
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Lo studio APRI (Appropriatezza PRofessionale Infermieristica) condotto dall’ OPI di Belluno ha “aperto” il vaso di pandora sul fenomeno demansionamento anche nella realtà nostrana

I risultati della ricerca, sono stati presentati dal presidente Luigi Pais dei Mori in occasione di un dibattito organizzato dall’OPI di Ravenna. La domanda che ha guidato lo studio è stata: con quale frequenza, verso quali ambiti, per quali ragioni e con quali effetti gli infermieri svolgono nella loro pratica quotidiana atti al di fuori del proprio campo di attività e responsabilità?

È stato scelto un metodo misto in due tempi; nella prima fase è stato condotto uno studio “qualitativo fenomenologico”, tramite interviste in profondità a un campione propositivo di 22 infermieri con diverse funzioni, per far emergere in quali ‘direzioni’ svolgono attività ‘non infermieristiche’, per quali cause e con quali effetti; nella seconda fase è stato seguito un metodo “descrittivo cross-sectional” tramite la somministrazione di un questionario all’intera popolazione infermieristica (n=1331) dell’OPI di Belluno, lavorativamente attiva al momento della survey, per misurare la frequenza, l’incidenza, le cause e gli effetti delle attività ‘non infermieristiche’.

I risultati sono sconvolgenti: quasi la totalità degli infermieri impiega un terzo del proprio turno di lavoro a svolgere attività non infermieristiche che vanno dalle attività mediche, alle attività dell’ oss a quelle di altri sanitari o addirittura di amministrativi.

La scoperta dell’acqua calda direste, ma questo studio misura a che temperatura è quell’ acqua! A 100°C  direi, perché i risultati di questa ricerca ci confermano di quanto siamo bolliti come professione!

Le cause:

  1. la dotazione organica insufficiente, soprattutto di figure di supporto con la conferma che è la nostra tendenza a compensare a far andare avanti il sistema!
  2. la cultura organizzativa, le prassi invarianti e le routine consolidate che si subiscono impotenti.

Le conseguenze:

  1. scarso riconoscimento del ruolo, fino all’ abbandono della professione (quanti di voi almeno una volta hanno pensato di fare altro?),
  2. frustrazione,
  3. affidamento agli OSS di attività non attribuibili (vedi ECG o medicazioni complesse),
  4. Perdita di competenze infermieristiche (se impieghiamo 1/3 del tempo a fare altro evidentemente lo sottraiamo alle attività di nostra competenza che alla lunga dimentichiamo).

Tutta la professione dovrebbe fermarsi a riflettere su questi dati, ad ogni livello, perché i risultati di Belluno possono essere assolutamente sovrapponibili ad ogni realtà. Invece succede che gli ordini continuano a trattare in maniera autoreferenziale, questioni totalmente sconnesse dalle esigenze della base professionale. Gli infermieri sono stanchi di essere definiti sulla carta in un modo e di risultare nella realtà di lavoro completamente diversi; come se quanto definito formalmente fosse negato; come se l’evoluzione normativa, da noi conquistata, non valesse niente!

Allora colleghi davanti a questi risultati la soluzione è una e una sola: la rivoluzione culturale, per spezzare la storia, lasciarci alle spalle l’ epoca della post-ausiliarietà e per inaugurare una nuova epoca, quella in cui l’ infermiere sia portatore di una nuova cultura.

“Infermieri in Cambiamento” mette insieme tutti coloro che ritengono necessaria una rivoluzione culturale per parlarci, incontrarci, stare al riparo tutti uniti; si perché coloro che sono portatori di queste verità vengono spesso bistrattati, derisi, scherniti e messi a tacere. La nostra voce invece deve tradursi in iniziative concrete, istanze di cambiamento da portare su un piano politico – professionale.

Un esempio di iniziativa urgente è una radicale modifica degli ordinamenti didattici! STOP agli insegnamenti demansionanti!

I cambiamenti culturali sono processi lunghi e difficili, “Infermieri in Cambiamento” ha appena tracciato il percorso ma la strada la si percorrerà insieme a coloro i quali si sentono determinanti per le sorti della professione infermieristica nei prossimi decenni, che vogliono riappropriarsi della propria dignità professionale e di una immagine consona ad una categoria intellettuale, che concepiscono il presente come un epoca di transizione, in cui ciascuno di noi è il protagonista di un cambiamento radicale della professione.

INSIEME POSSIAMO FARCELA!

Raffaele Varvara

Bibliografia

Grosso S. et all “Strategie per prevenire le attività ‘non infermieristiche’: risultati di uno studio descrittivo.” L’infermiere, 2019;56:1:e10-e17

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