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L’infermiere è sempre presente per il paziente: pronto a reagire con orgoglio, determinazione e professionalità

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L’infermiere è sempre presente per il paziente: pronto a reagire con orgoglio, determinazione e professionalità
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Girovagando per il web, mi sono occasionalmente imbattuto nella testimonianza di Paola Arcadi. La collega ha descritto in maniera precisa e puntuale la realtà vissuta quotidianamente dagli infermieri. Riporto di seguito il testo apparso sul suo profilo Facebook personale.

Paola Arcadi

Oggi pomeriggio ho ‘visitato’ un pronto soccorso per un piccolo problema (risolto). Accanto a me c’era una signora con un dolore addominale, molto impaurita, che l’infermiera del triage ha saputo tranquillizzare solo con il tono di voce e dicendole che sicuramente entro un quarto d’ora le sarebbe passato, nonostante dietro di lei un accompagnatore spazientito urlasse come un matto, incurante del fatto che il livello di gravità di suo papà non era tale da richiedere un intervento immediato.

Dall’altra parte c’era un signore su una barella, che aveva appena terminato la terapia infusionale. L’infermiere che lo aveva in carico stava contemporaneamente rispondendo a una telefonata e rincorrendo un medico che si stava dimenticando di dare la lettera di dimissione a una signora nella sala attigua. Tutto questo mentre diceva al signore che sarebbe tornata a spiegargli come proseguire la terapia prescritta per il domicilio.

Al rientro dal pronto soccorso mi sono recata in un reparto per discutere di uno studente con un infermiere assistente di tirocinio. Al mio arrivo il collega era impegnato a insegnare il posizionamento corretto del casco CPAP sia allo studente, sia al paziente, che non conosceva né il funzionamento né le posizioni da adottare. Tutto questo in un turno pomeridiano in sofferenza d’organico per l’assenza non programmata di una collega a causa di quest’ondata influenzale davvero pesante. L’altro infermiere stava effettuando una consulenza per una medicazione di ferita molto complessa presso un altro reparto.

Uno spaccato di due ore in tutto. Solo due ore per osservare una minima parte delle competenze dei colleghi in una dimensione organizzativa molto caotica. Loro c’erano. Loro erano presenti con una professionalità esperta in tutte le dimensioni: tecnica, relazionale, educativa. Quanto vale tutto questo? Forse 85 euro in più nel prossimo contratto, in più rispetto a tutto il meno perso in questi ultimi anni di vacanza contrattuale. La nostra presidente nazionale ieri ha scritto che, dopo dieci anni di assenza di contratto per gli infermieri, la questione del rinnovo chiama in causa il rispetto della dignità professionale. Ha davvero ragione, sì.

Il termine dignità (dignitas) indica la nobiltà morale dell’uomo e il rispetto che lui stesso deve mostrare nei confronti di sé e degli altri. Hillenbrand diceva che, senza la dignità, l’identità viene cancellata. Non è dignitoso, è irrispettoso proporre un contratto che tira schiaffi alla professionalità, che non si cura di promuovere un livello di riconoscimento per chi cura e lo fa in ogni condizione, anche in quelle più estreme. È irrispettoso continuare a non occuparsi di garantire un minimo di benessere a chi della vita e del benessere fa giornaliera sfida. Ma soprattutto non è accettabile che chi governa e chi ha la possibilità di muovere le decisioni politiche e sindacali celi – dietro parole di sviluppo, di innovazione e di considerazione dei professionisti – un assoluto immobilismo.

Di fronte alla dignità negata, un individuo può muoversi in forme e modalità differenti: o soccombere o reagire con orgoglio e determinazione. Gli infermieri che ho incontrato oggi sono l’esempio della seconda direzione, e non posso che dire loro un grande grazie. Ma il ringraziamento deve essere collettivo, deve essere sostanziale, deve essere partecipativo, a tutti i livelli.

Quello che possiamo fare noi è non svendere mai la nostra dignità e supportare chi sta lavorando, all’interno della comunità professionale, per andare “in direzione ostinata” (oggi è l’anniversario della morte di Fabrizio De Andrè… la citazione è dunque d’obbligo) verso un riconoscimento dovuto, che viene ripagato ogni giorno dal lavoro di cura che i pazienti che ho incontrato quest’oggi possono e devono poter testimoniare. Ecco, sì.


Le parole scritte dalla collega Paola Arcadi valorizzano appieno ogni singola azione svolta da migliaia di infermieri in servizio negli ospedali italiani. Non posso fare altro che farle i miei personali complimenti e condividere questo suo prezioso pensiero.

Simone Gussoni

 

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