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L’Europa lancia l’allarme per la carenza di infermieri: in Italia ne mancano 60mila

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L'Europa lancia l'allarme per la carenza di infermieri: in Italia ne mancano 60mila
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FNOPI: l’Europa lancia l’allarme carenza e chiede più infermieri per assistere
le nuove evidenze demografiche emergenti e migliorare la qualità delle cure

È allarme carenza per gli infermieri e questa volta a lanciarlo è l’Europa.

Secondo i dati Eurostat, l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea, una Direzione Generale della Commissione europea, che collabora a stretto contatto anche con Onu e Ocse, l’Italia nel 2016 aveva 557 infermieri ogni 100.000 abitanti (negli anni successivi sono diminuiti), mentre sei paesi dell’Ue 28 tra cui i maggiori partner come Germania e Francia, superavano i mille (dai 1.172 del Lussemburgo ai 1.019 della Francia) e altre sette, tra cui anche il Regno Unito, erano comunque tra i 981 infermieri per 100.000 abitanti della Danimarca e i 610 dell’Estonia.

Anche volendo solo raggiungere il livello medio di questi paesi, in Italia mancherebbero tra i 50 e i 60mila infermieri. Per farlo ci si dovrebbe adeguare all’Europa, prevedendo più infermieri in formazione e occupazione, con evidenti progressi nell’eliminazione della carenza globale entro il 2030. La Commissione europea sottolinea che tutti i piani nazionali per la realizzazione della copertura sanitaria universale formulano proposte specifiche per migliorare e sviluppare il ruolo degli infermieri come professionisti della salute più vicini alla comunità; almeno il 75% dei paesi ha un infermiere con responsabilità di alta gestione in materia di salute; quel che serve è una rete globale di leadership infermieristica.

Peggio dell’Italia vanno secondo i dati Eurostat solo nove paesi Ue, con la Spagna che segue l’Italia a stretto giro con 551 infermieri ogni 100.000 abitanti e poi Polonia, Cipro, Ungheria, Bulgaria, Slovenia, Grecia, Croazia e Romania.

La direzione generale per la salute e la sicurezza alimentare della Commissione europea sottolinea, commentando i dati Eurostat, le preoccupazioni per la carenza di professionisti dell’assistenza infermieristica che potrebbero diventare ancora più gravi dal momento che la popolazione continua a invecchiare e una percentuale relativamente alta di infermieri andare in pensione.

La Commissione Ue dà un dato preciso sull’Italia, anche se riferito al 2010 – ma la situazione negli anni, anche in questo caso, è peggiorata -: in Italia, nel 2010 si sono stati ritirati 13.400 infermieri, ma ne sono rientrati in servizio solo 8.500.

Una conseguenza dei futuri sviluppi demografici, sottolinea ancora la Commissione, è che il numero di persone anziane (di età pari o superiore a 65 anni) nell’Ue 28 dovrebbe aumentare del 57% tra il 2015 e il 2080 (previsioni Eurostat),

Durante questo periodo si prevede che la quota degli anziani nella popolazione totale aumenti dal 18,9% nel 2015 al 29,1% entro il 2080. L’invecchiamento della popolazione dell’Ue rischia così di provocare notevoli richieste per una serie di nuovi servizi perché aumenta la popolazione fragile e con un declino della salute fisica e mentale.

“I sistemi sanitari europei – sottolinea la Commissione europea e lo stesso Eurostatdovranno quindi anticipare le future esigenze in termini di competenze degli operatori sanitari, in particolare infermieri, in modo che questi possano essere pronti alle esigenze di una società sempre più anziana”.

Le conseguenze se questo non dovrebbe avvenire?

Le spiega un articolo pubblicato di recente sul British Medical Journal, una delle maggiori testate scientifiche internazionali “La mancanza di risorse legata ai costi sanitari globali, combinata con la compressione della complessità e la mancanza di piena comprensione degli amministratori ospedalieri della complessità dell’infermieristica può portare a livelli elevati di cure mancate…con importanti implicazioni in termini di risultati negativi per il paziente, suoi ridotti livelli di sicurezza e qualità dell’assistenza.

E può avere implicazioni finanziarie in termini di maggiori costi sanitari per i lunghi periodi di permanenza e le ripetute riammissioni per gestire le complicazioni, che invece avrebbero potuto essere evitato se gli infermieri avessero fornito tutte le loro cure.

Inoltre, tutto questo genera altri costi in termini di alti tassi di turnover del personale infermieristico e costi sociali più elevati legati alla mortalità e alla sofferenza. Ridurre le risorse crea l’illusione di falsi risparmi finanziari ed è questa la ragione per cui gli amministratori ospedalieri a volte sono tentati di sostituire gli infermieri con altro personale meno qualificato e meno istruito”.

Secondo la campagna Oms “Nursing Now”, messa a punto con ICN, il Consiglio internazionale degli infermieri, entro il 2020 si dovrebbero raggiungere cinque obiettivi per un’assistenza a livelli elevati:

  1. maggiori investimenti per migliorare l’istruzione, lo sviluppo professionale, gli standard, la regolamentazione e le condizioni di lavoro per gli infermieri;
  2. maggiore e migliore diffusione di pratiche efficaci e innovative nell’infermieristica;
  3. maggiore influenza per gli infermieri sulla politica sanitaria globale e nazionale, come parte di un più ampio sforzo per garantire che la forza lavoro della salute sia maggiormente coinvolta nel processo decisionale;
  4. più infermieri in posizioni di comando e maggiori opportunità di sviluppo a tutti i livelli;
  5. dare ai responsabili politici e decisionali spunti per comprendere dove l’infermieristica può avere più impatto, cosa impedisce agli infermieri di raggiungere il pieno potenziale, come affrontare gli ostacoli.

“Questi per noi sono obiettivi per consentire agli infermieri di dare un contributo ancora maggiore al miglioramento della salute – ha detto Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini degli infermieri, il maggior Ordine italiano con i suoi oltre 440mila iscritti -. Nel XXI secolo – conclude – vedremo più comunità e servizi a domicilio, una migliore tecnologia e la cura centrata sulla persona: gli infermieri saranno in prima linea in questi cambiamenti e per questo devono imparare a essere leader perché tutte queste qualità le hanno già sviluppate e fanno parte della loro vocazione e della loro professionalità”.

 

Redazione NurseTimes

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