“… Il nostro compito è quello di migliorare la qualità della vita,
non solo di ritardare la morte.
Curando una malattia si può vincere o perdere;
curando una persona la vittoria è garantita
a prescindere dal risultato…”
(Hunter Patch Adams)
La clownterapy o “terapia della risata” è entrata a far parte di tutti gli ospedali come terapia di supporto attraverso l’intervento di clown allo scopo di ridurre nei pazienti lo stress da paura e da sofferenza dovuta all’ospedalizzazione.
Nella metà degli anni ottanta l’università della California conferì la laurea ad Honoris Causa al giornalista scientifico Norman Cousins facendo sancire la nascita della “gelotologia”, termine che deriva dal greco ghelos ossia risata, disciplina che studia il ridere in relazione alle sue potenzialità terapeutiche. La gelotologia getta le sue basi sugli studi di psiconeuroendocrinoimmunologia (P.N.E.I.) che hanno come oggetto la diretta influenza degli stati mentali, delle emozioni sul sistema immunitario.
Cousins si ammalò di spondilite anchilosante ed aveva una prospettiva di vita piuttosto scarsa ma in un solo anno ottenne una guarigione considerata impossibile grazie alla visione quotidiana di film comici e consistenti quantità di vitamina C. In seguito a questa guarigione ebbe quel riconoscimento scientifico che fu la base di ulteriori ricerche in ambito terapeutico.
Il dott. Hunter Patch Adams è stato, invece, l’interprete dell’altra splendida esperienza di vita che ha aperto le strade al recupero della risata in veste curativa. Medico e clown, convinto cultore di questa visione, Adams è infatti arrivato nel tempo ad edificare addirittura l’istituto Gesundheit, una clinica nel West Virginia dove sono state curate gratuitamente più di 15.000 persone con l’aiuto complementare della terapia del sorriso.
Il “ridere” risulta essere l’alleato più potente della nostra salute. Di fronte a delle situazioni divertenti, al termine dello scoppio di riso si ha un rilascio di endorfina che funge da oppioide endogeno. L’endorfina rilasciata produce un effetto calmante, antidolorifico, euforizzante e immunostimolante.
Lo stimolo risorio, da intendersi come situazione che spinge al riso, viene rilevato dal cervello attraverso i sensi della vista e dell’udito e va a colpire la zona del cervello deputata a riconoscere situazioni come questa e a scatenare meccanicamente il riso; così dal talamo e dai nuclei lenticolari e caudali del cervello parte l’impulso del riso che arriva ai nervi facciali che a loro volta stimolano i muscoli risorio e zigomatico; più l’impulso è forte e più arriva lontano, fino al diaframma e ai muscoli dell’addome.
Ecco che, il riso scende dall’alto verso il basso, dalla mente cosciente all’istinto viscerale. L’importanza del personaggio clown in corsia Quello che si scopre quando si decide di essere un clown che gioca con una persona malata è che la maschera di questo personaggio ha una capacità incredibile di far comunicare, spingere a condividere e far vedere in maniera diversa le esperienze più terribili.
Grazie alla sua forza simbolica, il clown è l’unico personaggio al quale ci si può aggrappare in momenti nei quali tutte le proprie certezze, tutto ciò che viene considerato serio e normale viene sconvolto, spazzato via, reso insensato dall’assurda ingiustizia della vita.
I clown non sono terapeuti nel senso corrente del termine, ma quando fanno ridere hanno la funzione di potenziali catalizzatori del recupero fisico, aiutando il paziente a non concentrarsi sulla malattia.
In pazienti ammalati di cancro si è rilevato un aumento delle cellule T e delle natural killer (NK), importantissime per contrastare tale patologia così come le infezioni virali, proprio grazie al ricorso alla terapia del sorriso. Una ricerca della Indian State University dal titolo “L’effetto della risata sullo stress e la citotossicità della cellula natural killer” conferma l’incremento dell’attività delle “cellule assassine” in seguito ai miglioramenti dell’umore.
In Italia la clownterapia viene introdotta in via sperimentale verso la metà degli anni ’90, l’ospedale Meyer di Firenze nel 1997 avvia il progetto “Soccorso Clown” avvalendosi della collaborazione del clown-attore russo Vlad Olshansky (dottor Bobo) e del fratello Yuri (dottor Mainsbaglia) membri del Clown Care Unit del Big Apple Circus di New York.
Un importante contesto dove trova applicazione la clownterapy è l’oncologia pediatrica, una grave malattia del bambino infatti risulta essere un evento complesso che colpisce tutta la famiglia e in modo particolare i genitori che si trovano a dover gestire tale circostanza fino addirittura ad assistere alla morte del proprio figlio.
L’infermiere essendo il professionista maggiormente a contatto con la sofferenza altrui si trova a dover gestire angosce e difficoltà e la clowterapy attraverso l’umorismo e una buona dose di allegria rende meno triste e desolata ma soprattutto più umana l’ospedalizzazione.
Andrea Cataldo
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