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Ipertrofia prostatica, 140 urologi riuniti a Firenze per discutere di terapie innovative, trattamenti non chirurgici e poco invasivi

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Problemi alla prostata: dieta grassa e colesterolo alto possono esserne la causa
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Questa patologia è diagnosticata ogni anno a 7 milioni di uomini italiani.

E’ stato il primo incontro in presenza dopo tanto tempo e ha visto, all’Hotel Baglioni di  Firenze, la partecipazione di 140 urologi provenienti da tutta Italia per confrontarsi su una patologia che viene diagnosticata, ogni anno, a oltre 7 milioni di uomini italiani. L’ipertrofia prostatica benigna (IPB) è una delle patologie più diffuse fra gli over 50, è benigna, ma, se non adeguatamente trattata, può generare problemi di varia natura e va affrontata efficacemente e per tempo.

Se ne è parlato durante un meeting che ha promosso un ampio confronto sulle terapie più frequentemente adottate per l’ipertrofia prostatica e sulle terapie più innovative che la ricerca medica mette oggi a disposizione. Con particolare attenzione ai trattamenti non chirurgici e minimamente invasivi, che registrano il crescente consenso di medici e pazienti.

L’ipertrofia prostatica benigna (IPB) determina l’aumento volumetrico della prostata, la piccola ghiandola attraverso cui passa l’uretra, condotto che dalla vescica porta l’urina verso l’esterno. Quando la prostata si ingrossa va a comprimere proprio l’uretra, ostacolando la fuoriuscita dell’urina. Il getto urinario si indebolisce progressivamente e le minzioni diventano sempre più frequenti. La patologia è progressiva e peggiora negli anni. Se non adeguatamente trattata, può provocare un danno permanente alla vescica, che nei casi più gravi può perdere la capacità di contrarsi e di svuotarsi.

Come per molte patologie, le prime terapie sono in genere farmacologiche e prevedono farmaci alfa-bloccanti oppure inibitori della 5-reduttasi. Quando però i trattamenti farmacologici non risultano efficaci, si rende necessario l’intervento chirurgico tradizionale (TURP) oppure, sempre di più, il ricorso a tecnologie laser, come il laser a luce verde che può essere impiegato senza la sospensione degli anticoagulanti e consente, quindi, di trattare  pazienti con situazioni complesse, o portatori di dispositivi.

Il raggio di luce verde sprigiona energia e calore secondo una specifica lunghezza d’onda. Ed è proprio in virtù della lunghezza d’onda che è possibile agire sui tessuti in modo efficace ma delicato, trattando anche zone piccolissime con precisione e potere coagulante, senza però coinvolgere i tessuti circostanti. Il laser verde funziona come un vero e proprio “bisturi immateriale”, in grado di recidere, vaporizzare e coagulare i tessuti in modo estremamente preciso. La procedura è consolidata, apprezzata dagli urologi e rientra nella pratica clinica quotidiana delle principali strutture ospedaliere.

Di recente introduzione, invece, il sistema a vapore acqueo che molti urologi convenuti a Firenze hanno salutato come una delle autentiche “rivoluzioni terapeutiche” messe a punto per l’ipertrofia prostatica. La procedura, non chirurgica, si basa sulla termoterapia e utilizza la corrente di radiofrequenza per generare energia termica sotto forma di vapore acqueo, da iniettare nella prostata in dosi controllate di nove secondi. Il totale delle “somministrazioni” previste per ogni seduta è stabilito dall’urologo, in base alle condizioni del singolo paziente.

Il vapore iniettato nel tessuto prostatico si disperde attraverso lo spazio interstiziale tra le cellule tissutali. Mentre si espande, il vapore si raffredda e si condensa. Il processo di condensazione libera l’energia termica immagazzinata nel vapore e determina la denaturazione delle cellule. Successivamente le cellule denaturate vengono assorbite dal normale metabolismo corporeo, riducendo così il volume del tessuto prostatico che occlude l’uretra.

La minima invasività, la rapidità e facilità di esecuzione della procedura non comportano necessariamente il ricovero ospedaliero. La procedura può essere effettuata anche in day hospital, in condizioni di massima sicurezza per il paziente. Questo aspetto ha riscontrato un elevato consenso sia da parte degli urologi sia dei pazienti, consentendo, anche nella recente emergenza Covid-19, di trattare una patologia spesso “non differibile” anche senza ospedalizzazione, prevenendo i rischi di infezioni e contagi, riducendo le liste d’attesa, abbattendo i costi legati agli  interventi chirurgici tradizionali. Si aggiungano i risultati del trattamento visibili dopo un mese, la rapida ripresa delle attività quotidiane e vantaggi clinici di enorme importanza, quali la preservazione della normale funzione sessuale (erezione ed eiaculazione) e il mantenimento della corretta funzione urinaria.

Come testimoniato molti degli urologi presenti a Firenze, che hanno già utilizzato il nuovo trattamento: “All’indiscussa efficacia della procedura, che denatura ed elimina il tessuto prostatico in eccesso senza ricorrere alla chirurgia, il sistema offre una serie di benefici che ampiamente ne legittimano il gradimento. Oltre a preservare intatta la funzione urinaria senza fenomeni di incontinenza, il sistema non presenta infatti alcuna controindicazione per la sfera sessuale e consente di ridurre in modo significativo le terapie farmacologiche”.

Redazione Nurse Times

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