Marco Contro, presidente del Collegio, disapprova l’operato di una testata locale.
«Nel diritto penale, la presunzione di non colpevolezza è il principio secondo cui un imputato è innocente fino a prova contraria. Questo vale maggiormente con chi imputato non è, trattandosi della fase delle indagini preliminari che rappresenta un atto dovuto in simili circostanze, al fine di fare chiarezza sulla realtà dei fatti».
Con queste parole il presidente del Collegio Ipasvi di Rovigo, Marco Contro (foto), prende posizione a nome di tutto il direttivo provinciale degli infermieri, in merito all’articolo apparso sulla stampa locale, e precisamente sulla testata Il Resto del Carlino di Rovigo del giorno 19 dicembre, nel quale viene dichiarato che un infermiere di Rovigo è indagato, assieme ad altri professionisti sanitari di Pavia, per un decesso di un signore 58enne di Felonica in provincia di Mantova. Decesso avvenuto per infarto.
«Come Collegio – afferma Contro –, contestiamo la scelta giornalistica di citare i vari indagati del caso. Stiamo parlando di una vicenda grave, in quanto l’accusa è quella di reato di responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario e riguarda i servizi di emergenza 118 di Pavia e Rovigo. Sarebbe quindi etico e corretto non menzionare nomi e cognomi delle varie figure professionali coinvolte. In particolare, per quanto concerne il nostro iscritto e collega di Rovigo, che allo stato attuale è difeso dall’avvocato dell’Azienda Ulss 5 Polesana, non solo si è visto citato nel titolo e nell’articolo con le proprie generalità anagrafiche, ma addirittura con tanto di riferimento alla propria residenza».
Il presidente provinciale Ipasvi, poi, continua: «Il nostro collega è un infermiere stimato per la sua professionalità, che si trova spiacevolmente nella condizione di dover gestire lo stigma e il pregiudizio che tale articolo ha sollevato nei suoi confronti. Ribadiamo che sono in corso le indagini preliminari del caso, che ancora non hanno definito con chiarezza i vari gradi di responsabilità».
Contro conclude quindi: «Come Collegio, non entriamo nel merito del caso giudiziario. È nostro dovere tutelare il decoro e la professionalità di ogni singolo iscritto. Pertanto siamo vicini alla famiglia della persona scomparsa, ma anche al nostro collega. Confidiamo che le indagini facciano chiarezza in merito all’accaduto e alle relative responsabilità in tempi brevi. Quando si leggono nomi e cognomi degli indagati c’è il rischio di incorrere nella diffamazione di professionisti non ancora giudicati nelle sedi competenti e che magari hanno semplicemente operato secondo i principi previsti dal proprio mandato professionale, dal proprio codice deontologico e dai protocolli aziendali».
Lascia un commento