Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa del collegio Ipasvi di Firenze che riprende il fenomeno della migrazione di infermieri italiani all’estero…a cura di Abukar Aweis Mohamed
Ipasvi Firenze: “Vigilare sul reclutamento non etico di infermieri dall’estero e dare più opportunità ai nostri giovani professionisti”
Firenze, 12 febbraio 2016 – “Più attenzione ai flussi di infermieri che arrivano dall’estero, in modo da trattenere i giovani professionisti italiani nel nostro Paese, evitando contemporaneamente reclutamenti che violino l’etica e la dignità dei lavoratori, con il rischio di svuotare di professionisti Stati del mondo in via di sviluppo”.
A chiederlo è il collegio Ipasvi di Firenze, ente di diritto pubblico che tutela i cittadini e i professionisti (infermieri, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia della provincia).
“Il Collegio IPASVI di Firenze – spiega Abukar Aweis Mohamed, consigliere del Collegio Ipasvi di Firenze e referente del Punto d’ascolto e cooperazione sanitaria internazionale – chiede alle istituzioni nazionali e regionali di disporre specifici programmi per trattenere i giovani infermieri in Italia e nelle regioni già in crisi di professionisti, formulare accordi culturali/professionali per sviluppare percorsi professionalizzanti nei servizi sanitari di diversi Paesi e disporre vigilanza con lo scopo di reprimere il reclutamento non etico e che non rispetti la dignità del professionista. È inoltre importante predisporre norme di tutela per gli infermieri che rientrano nel Paese di origine tese a salvaguardare livelli di competenza professionale acquisita ed elaborare una piattaforma di tutela sul lavoro degli infermieri di livello almeno europeo. In linea con quanto disposto dal Codice di condotta sul reclutamento internazionale di personale sanitario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, occorre vigilare per non svuotare di infermieri gli Stati in via di sviluppo che hanno bisogno di queste professionalità, creando squilibri anche nel nostro Paese. Serve insomma una reciprocità da sviluppare attraverso accordi istituzionali e programmi specifici”.
Il Decreto flussi 2016 per la programmazione transitoria flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari in Italia è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.26 del 2 febbraio 2016 il. È ammessa in Italia, per motivi di lavoro subordinato e autonomo, una quota massima di 17.850 cittadini non comunitari, comprese le quote riservate alla conversione in permesso di soggiorno subordinato e autonomo rilasciato ad altro titolo. Le quote sono ripartite secondo un criterio di programmazione ministeriale, ad esempio 1000 persone per i cittadini non comunitari residenti all’estero che abbiano completato la formazione e l’istruzione nei paesi di origine; 2400 per motivi di lavoro autonomo (imprenditori, liberi professionisti, etc).
“Riteniamo che il mercato globale sia libero – continua Abukar Aweis Mohamed – e ogni professionista abbia diritto di scegliere dove lavorare e vivere, ma bisogna anche riflettere su alcuni punti del Decreto che riguardano, soprattutto, il reclutamento del personale. Condividiamo assolutamente che l’ingresso di cittadini non appartenenti alla Comunità Europea in Italia avvenga nel rispetto delle normative vigenti, ma la nostra preoccupazione è legata allo sfruttamento del personale sanitario attraverso il reclutamento internazionale che, a nostro avviso, provoca uno svuotamento del personale sanitario fino al depauperamento del servizio sanitario d’origine. La migrazione dei lavoratori sanitari all’estero ha svantaggi e vantaggi. Partendo dai primi, quando un numero significativo di infermieri lascia il proprio Paese, si ha una perdita di capitale umano e forza lavoro, di conseguenza il sistema diventa fragile, rischia il collasso; passando ai secondi, al rientro nella propria terra di origine, i lavoratori sanitari portano con sé competenze e capacità significative acquisite all’estero”.
Questo lo scenario attuale, dal conto annuale 2014 del Ministero dell’Economia: cala il numero dei dipendenti del SSN; aumenta l’età media dei lavoratori; cala la retribuzione media; aumenta la vita media, aumenta la cronicità e disabilità, sale di conseguenza il numero delle domande di assistenza. Il numero dei precari è salito, ma, soprattutto, il numero degli infermieri “flessibili” tramite agenzie interinali è passato da 9.884 a 10.934 (+1.050) nell’arco di un anno (2013-2014). Mentre i dati dell’Ocse nel 2014 evidenziano che in Italia mancano circa 60mila infermieri e, al tempo stesso, sono ben 25mila i neolaureati che non riescono a trovare lavoro.
Dal 2008, la crisi economica ha ridotto il finanziamento al sanitario e ci sono anni di blocchi del turnover e del rinnovo dei contratti. Da una parte, i dati confermano un lieve aumento (+0,1%) dell’occupazione a un anno dalla laurea triennale (Rapporto AlmaLaurea 2015), d’altro, siamo al di sotto della media europea (rapporto infermieri per abitanti). Tanti giovani infermieri, in attesa di essere assunti dal SSN, svolgono attività libero professionale, lavorano tramite agenzie internali o in subordinazione con strutture sanitarie private. Abbiamo inoltre chi sceglie la via di reclutamento “forzato” in altre nazioni Europee, ad esempio, negli ultimi tre anni, il numero stimato di infermieri italiani che lavora in Inghilterra è oltre 2500.
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