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Influenza, nuova epidemia in arrivo dall’Australia. Le differenze con il Covid

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Sbalzi climatici, fioccano i virus parainfluenzali
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Non è esclusa la possibilità di contrarre i due virus contemporaneamente.

Da settimane gli esperti parlano di un’epidemia influenzale pesante, dopo due anni nei quali la malattia stagionale praticamente non c’è stata, grazie anche a distanziamento e mascherine obbligatori. Ebbene, l’influenza sta arrivando. Arriva dall’Australia, dove è inverno quando da noi è estate, e i vaccini si preparano in base al tipo di virus che viene isolato dall’altra parte del mondo.

Sul piano dei sintomi le cose non cambiano rispetto agli anni scorsi: l’influenza è sempre la stessa. Chi viene contagiato deve affrontare febbre, anche alta, dolori e tosse secca. Avendo a che fare con un virus, bisogna intanto intervenire sui sintomi. E cioè abbassare la febbre con antipiretici e magari prendere antinfiammatori per i dolori. L’antibiotico serve soltanto se il medico valuta che si è sviluppata anche una infezione batterica, alla quale il virus ha aperto lo spazio. Abusarne è un errore.

Bisogna avere pazienza, dicono i pediatri, perchè ci vogliono giorni prima di guarire. In questo momento, certifica anche l’Istituto Superiore di Sanità (Iss), ad essere più colpiti sono i bambini. E infatti in certe regioni ci sono problemi sia nei pronto soccorso che con i pediatri di famiglia, in molti casi difficili da contattare. “Siamo travolti”, dicono dal sindacato di categoria, la Fimp. I dati dell’Iss mostrano come quest’anno l’influenza abbia colpito prima del solito, salvo l’eccezione della “suina”, e soprattutto che l’incidenza sta crescendo tantissimo e rischia di portare al maggior numero di casi della storia recente. Di solito il picco è a gennaio, ma quest’anno potrebbe arrivare prima.

A rendere la situazione complicata c’è la contemporanea circolazione del Covid-19, che dal punto di vista dell’incidenza vive una fase di plateau, con i casi stabili, ma che comunque è presente. Teoricamente si potrebbero anche prendere i due virus contemporaneamente, anche se di solito uno solo prevale all’interno dell’organismo. Il problema è più per il sistema sanitario, che si trova ad affrontare due epidemie e infatti ci sono già i primi scricchiolii. Il consiglio di tutti gli esperti, e anche del ministero alla Salute, che ha appena realizzato una campagna pubblicitaria, è quello di fare il vaccino ai fragili e agli anziani.

Proprio per la possibile contemporaneità di influenza e Covid è importante spiegare la differenza tra le due malattie. La spieghiamio di seguito attraverso un approfondimento a cura di The Wom Healthy.

Sintomi – Influenza e Covid sono entrambe malattie respiratorie contagiose, ma sono causate da virus diversi; la Covid-19 si diffonde più facilmente dell’influenza e ha la capacità di creare grane con maggior frequenza, sebbene questo aspetto risulti oggi più contenuto rispetto all’inizio della pandemia.

E i sintomi? Chiariamolo fin da subito, le due infezioni NON possono essere distinte in base ai sintomi, perché per la maggior parte condivisi. Entrambe le infezioni possono manifestarsi con uno spettro di possibili segni e sintomi piuttosto ampio e variabile, ma per la maggior parte sovrapponibile.

Da una completa assenza di sintomi, a quadri clinici più gravi, caratterizzati ad esempio da febbre alta, dolori diffusi, sintomi respiratori come naso congestionato e tosse; alcune delle possibili complicazioni sono invece in effetti diverse, ma in questo articolo vorrei concentrarmi sugli aspetti domestici, quelli con cui potremmo dover aver a che fare personalmente, magari quelli che stai vivendo proprio in questo momento.

Secondo i Cdc americani i sintomi più comuni e condivisi comprendono: febbre o sensazione di febbre/brividi; tosse; mancanza di respiro o difficoltà a respirare; stanchezza; mal di gola; naso chiuso; dolori muscolari; mal di testa; vomito e diarrea (se parliamo di influenza più comune nei bambini, mentre in caso di Covid a prescindere dall’età); cambiamento o perdita del gusto o dell’olfatto, sebbene questo sia decisamente più frequente con Covid-19.

Altre differenze – Potremmo provare a ragionare su altri aspetti, ad esempio se siamo stati a contatto con un paziente infetto nei giorni precedenti alla comparsa dei sintomi, a patto ovviamente di conoscere con buona certezza la natura della sua infezione e che sia ragionevole ipotizzare un contagio in quel contesto, seppure ovviamente sia arduo averne la certezza. A questo proposito non aiuta molto nemmeno valutare il tempo d’incubazione, ovvero il tempo che passa dal contagio alla comparsa dei primi sintomi, che è tipicamente compreso tra:

  • 1-4 giorni per l’influenza
  • 2-5 giorni per la Covid, ma eventualmente fino a 14

Se un paziente ha la Covid potrebbe tuttavia essere contagiosa più a lungo. Sempre secondo i Cdc:

  • i soggetti con influenza sono potenzialmente contagiosi a partire da un giorno prima di sviluppare i sintomi, ma soprattutto durante il periodo di malattia vero e proprio, in particolare nei primi 3-4 giorni;
  • anche i soggetti affetti da Covid possono essere contagiosi ancor prima di manifestarne eventuali sintomi e l’infettività raggiunge poi il picco un giorno prima dell’inizio dei sintomi, per rimanere poi significativa per circa una settimana.

Insomma, anche con queste informazioni non ci facciamo in realtà granché. Altri elementi che potrebbero aiutare sono:

  • Eventuali vaccini fatti: se ad esempio avessi fatto il vaccino contro la Covid, ma non l’antinfluenzale, si potrebbe pensare ad una maggior suscettibilità verso l’influenza, ma questo dipenderà anche dall’andamento della stagione influenzale, che tuttavia nel momento in cui scrivo si preannuncia piuttosto vivace, anche in considerazione della quasi assoluta assenza di circolazione nei due anni passati;
  • Strettamente correlato a questo aspetto è la valutazione dei casi sul territorio, un indizio potrebbe in effetti essere fornito da quanti casi di ciascuna infezione siano attivi in un dato momento: sappiamo che l’influenza cresce fino ad un picco (raggiunto generalmente nell’anno nuovo, anche se quest’anno 2022 probabilmente anticiperà a dicembre) per poi andare a diminuire progressivamente, mentre la Covid abbiamo ormai imparato che procede per ondate successive, non sempre prevedibili con sufficiente anticipo.
  • Ultima possibilità di distinzione, ma ancora meno utile delle precedenti, è lo sviluppo di long Covid, ovvero quella condizione post-infezione caratterizzata da sintomi e gravità molto variabili da un soggetto all’altro. In realtà non è impossibile manifestare una sindrome post-virale anche con l’influenza, ma salvo forse i soggetti anziani è certamente molto più rara.

Test – In ultima analisi le due infezioni le possiamo distinguere solo e soltanto con un test, ad esempio un tampone, ma anche in questo caso non è tutto così chiaro e limpido:

  • A partire dalle ultime varianti Omicron abbiamo imparato che non è troppo raro ottenere un esito negativo nei primi giorni di malattia, per poi vederlo positivizzare in un secondo momento, a distanza di tempo. In genere si diventa positivi al più tardi nei giorni successivi allo sviluppo di sintomi che, sommati ai 3-4 giorni d’incubazione, possono diventare anche 6-7 giorni (o più, in certi casi) dal momento del contagio. Perché succede questo non è chiarissimo, ma probabilmente si sommano una riduzione della sensibilità dei test con le varianti recenti, oltre che una diversa diffusione del virus nell’organismo (più in gola che nel naso), ma soprattutto un’aumentata reattività del nostro organismo, che si attiva fin da subito (sviluppo dei sintomi), ancora prima del picco di proliferazione virale. In alcuni casi siamo così bravi a reagire che non ci positivizzeremo mai, pur avendo la Covid a tutti gli effetti.
  • Al contrario, un esito positivo è una prova non assoluta, ma ragionevolmente affidabile.

La vera domanda – Ma la vera domanda è un’altra: serve davvero distinguere le due infezioni?

Da un punto di vista clinico e pratico no, non necessariamente, soprattutto se sei una persona altrimenti in buona salute e priva di fattori di rischio. In questo caso il modo di affrontare le due infezioni è tutto sommato lo stesso: isolamento volontario; riposo; eventuali farmaci sintomatici se lo desideri, ma come sai non ne sono un grande sostenitore, e questo a prescindere dalla sterile e infinita discussione Tachipirina o antinfiammatori, ma non voglio divagare.

La questione cambia se parliamo di soggetti a rischio, ad esempio: anziani; soggetti affetti da patologie croniche; neonati e bambini piccoli; donne incinte. Tutti questi pazienti corrono rischi maggiori di sviluppare complicazioni, seppure non necessariamente le stesse, ma in questi casi ti raccomando di avvisare immediatamente il tuo medico per avere indicazioni su come affrontare l’infezione ed eventualmente se e quando ripetere il tampone in caso di esito negativo.

In base alle situazioni soggettive si possono valutare approcci differenti, ma è molto, molto importante non sottovalutare i potenziali pericoli. Ed è strettamente collegato a questo aspetto anche un’ultima considerazione che ti faccio: sapere se sei affetto da raffreddore, influenza o Covid potrebbe essere importante anche per te che sei sano come un pesce, perché questa informazione potrebbe e dovrebbe indurti a comportamenti di maturità e responsabilità verso gli altri.

Se sei giovane e forte e manifesti solo qualche fastidio, buon per te, ringrazia il tuo sistema immunitario, ma se decidi di uscire a fare la spesa ricordati che mentre parli tranquillamente al telefonino con l’auricolare potresti emettere goccine di saliva infette che andranno a depositarsi sul carrello e che potrebbero contagiare chi è meno fortunato di te. Ed ovviamente non serve che ti dica che sarebbe meglio evitare contatti ravvicinati con tua nonna anziana, tua zia incinta o tuo nipote appena nato in caso di qualsiasi dubbio.

Ecco cosa può servire distinguere le infezioni, ma alla luce delle difficoltà di farlo con sicurezza t’invito comunque ad una prudenza preventiva per proteggere chi ti sta accanto ed è più fragile di te.

Quando preoccuparsi? – A prescindere dall’infezione e dal tuo stato di salute, ti raccomando di contattare immediatamente il medico, o il pronto soccorso nei casi più gravi (me cerchiamo di valutare sempre con lucidità), in caso di sviluppo di sintomi come: difficoltà a respirare; dolore al petto; sonnolenza tale da impedirti di rimanere sveglio; confusione; peggioramento di eventuali malattie preesistenti; disidratazione (nei neonati te ne accorgi dai pannolini troppo asciutti); colorazione bluastra di unghie e labbra (la cosiddetta cianosi).

Redazione Nurse Times

Fonti: la Repubblica – The Wom Healthy

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