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Infermieri italiani in Germania: un’esperienza positiva!

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Giovanni, giovane infermiere pugliese e la sua esperienza lavorativa in Germania.

Correva l’anno 2001, frequentavo le scuole medie e l’anno scolastico volgeva al termine, quando decisi di iscrivermi ad una di quelle associazioni di volontariato che utilizzano le ambulanze e il personale gira con la divisa rossa, con bande rifrangenti. Mi incuriosiva quel mondo, attratto dai valori del volontariato. Iniziai, provai, chiedevo, capivo, e subito quell’ambiente cominciò a piacermi. Si aiutava la gente nei loro particolari momenti di bisogno, si stringevano amicizie, si imparava ad essere vicini alla gente, a capire e consolare coloro che ne aveva bisogno, gli anziani in particolar modo. Il mio approccio ad un mondo molto diverso da quello che conoscevo, ho imparato a riconoscere la sofferenza e i veri valori della solidarietà, dell’aiuto sincero. Quel mondo mi piaceva! Quella sensazione di sapere, una volta tornato a casa, di aver aiutato, anche solo in minima parte, qualcuno che aveva bisogno, mi faceva star bene.

Successivamente, alcuni anni dopo aver acquisito maggiore conoscenza attraverso percorsi formativi dedicati al mondo del soccorso, ho cominciato a prestare servizio come soccorritore volontario nel servizio di emergenza territoriale del 118. Quel mondo, che all’inizio un po’ mi spaventava, cominciò ad appassionarmi sempre di più. Quella sensazione di benessere per aver aiutato il prossimo era diventata oramai la mia linfa vitale .

Finite le superiori, decisi di continuare nell’ambito sanitario, e nessun altra figura professionale mi sembrava più adatta e vicina al paziente come quella dell’infermiere. Al secondo tentativo, nel 2008, superai il test. Qualche giorno prima dell’inizio del corso del primo anno, durante il discorso di benvenuto del presidente del corso di laurea alle matricole, ricordo quasi testualmente le sue parole sullo stato occupazionale: “circa il 90% dei laureati in infermieristica, entro 3 mesi ha trovato un posto di lavoro”. Effettivamente i dati, o quel che si diceva, in quel periodo erano ancora molto positivi a riguardo (magari non il 90%, ma certo di gran lunga più alti degli attuali), uniti alla mia passione verso la professione, creavano delle aspettative positive. Chissà perché poi, nel giro di 3 anni la situazione occupazionale cambiò radicalmente. Il giorno della mia laurea, nell’aprile del 2012, gli infermieri in fila per un posto di lavoro erano già alcune decina di migliaia.

Nonostante ciò, sono stato incredibilmente fortunato nel trovare, dopo poco più di un anno, un’opportunità occupazionale dalle mie parti. L’ambiente lavorativo era anche molto piacevole, il tipo di lavoro un po’ meno. C’era però quel “piccolo” dettaglio che rovinava il tutto: il contratto era uno di quelli di collaborazione con una cooperativa, con relativa apertura della partita iva. A 25 anni, anche se relativamente giovane, non sopportavo l’idea di non avere un minimo di certezza sulla continuità lavorativa dettata dal momento di grave crisi economica che ha colpito duramente anche la nostra comunità professionale.

Proprio per questo motivo, non appena venuto a conoscenza dell’esistenza di agenzie di reclutamento di personale infermieristico per posti a tempo indeterminato all’estero, precisamente in Germania, non ci ho pensato su molto arrivando alla conclusione che era la mia vera opportunità.

Qualche mese prima, un altro mio collega/amico aveva già fatto quella scelta, e per questo ero felicissimo per lui quando è stato ricontattato per partire, con tutti i dettagli del progetto già tra le mani. Sapeva già tutto. Tempi, percorsi, luoghi, stipendio. Oltre ad evidenziare che il contratto avrebbe avuto un termine indeterminato, era però anche sottolineato che quel percorso non sarebbe stato semplice, ma che avrebbe comunque portato ad una soddisfazione personale. Apprezzavo quella concretezza “alla tedesca” e lo invidiavo. Rivedermi in quella situazione, mi ha convinto ulteriormente che quella era la scelta giusta.

Alla fine del febbraio del 2014, sono stato ricontattato anch’io e decisi di procedere, nonostante stessi ancora lavorando.

Ora mi ritrovo qui a scrivere per cercare di convincere i miei colleghi, senza la fretta che ho avuto io però, ad intraprendere la stessa strada. E, come diceva anche il testo del mio progetto, il percorso non è stato semplice, affatto, sono lontano dalla mia casa, dalla mia famiglia, dagli amici (ma fuori se ne trovano sempre altri), ho anche perduto l’amore, come dice quella famosa canzone, ma tutto si sta gradatamente semplificando e le soddisfazioni arrivano ogni giorno, a partire dal fatto che qui i colleghi notano e apprezzano molto la preparazione dell’infermiere italiano, senza essere invidiosi, non lo calpestano come è avvenuto spesso durante le mie brevi esperienze da studente tirocinante e lavoratore.

Queste parole non sono venute fuori dal vento, o scritte per sentito dire. Ho voluto di proposito aspettare molto tempo prima di rapportare questa mia esperienza personale perché ho voluto acquisire più certezza sull’opportunità lavorativa che sto vivendo. Ora non vi resta che provare di persona, tanto indietro si può sempre tornare, se pensate che ne valga davvero la pena.

Meglio provare e pentirsene, che pentirsi di non aver mai provato.

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