Il focus di Opi Firenze-Pistoia sull’articolo 4 del nuovo Codice deontologico
Firenze, 29 agosto 2019 – “È necessario modificare l’approccio al paziente, valorizzare l’aspetto relazionale, instaurare una comunicazione efficace, rivedere il significato di “cura” e integrarlo con quello di ‘prendersi cura”‘.
A sottolineare questo aspetto relativo all’articolo 4 del nuovo Codice deontologico è Alessandro Singali, infermiere referente della commissione etica dell’Ordine interprovinciale delle professioni infermieristiche Firenze Pistoia e membro dell’istituto italiano bioetica per la Toscana.
L’articolo afferma che: “Nell’agire professionale l’Infermiere stabilisce una relazione di cura, utilizzando anche l’ascolto e il dialogo. Si fa garante che la persona assistita non sia mai lasciata in abbandono coinvolgendo, con il consenso dell’interessato, le sue figure di riferimento, nonché le altre figure professionali e istituzionali. Il tempo di relazione è tempo di cura”.
«L’espressione “ascolto e dialogo” in una molteplicità di valenze culturali e antropologiche, oggi difficilmente prevedibili e stimabili, veicola il prendersi cura a vario titolo professionale e personale di forme di crisi o disagio psico-fisico acuto o cronico – prosegue Singali -. L’infermiere si fa garante della disponibilità al dialogo, non come una vacua espressione intellettuale, ma attraverso l’aspetto culturale radicato nella professione. Il sanitario deve saper ascoltare per capire quale sia il vissuto del paziente nei riguardi della patologia, porre domande semplici, spiegare con chiarezza e se necessario ripetere, coinvolgere i familiari, tenere conto delle differenze culturali ed eventualmente etniche. Occorre creare un dialogo aperto alle opportunità del feedback e a un contatto reciproco: in situazioni particolarmente delicate la comunicazione relazionale consente di “parlare con e non di parlare a”. Per provocare il cambiamento è necessario ascoltare, individuare i bisogni e coinvolgere i cittadini nella ricerca di soluzioni. Curare – spiega – significa aiutare gli altri a essere liberi di assumere la responsabilità delle proprie cure, a trovare sé stessi e realizzarsi».
L’ascolto permette di conoscere meglio se stessi e gli altri, di acquisire una visione più ampia del mondo, delle sue possibilità e della sua varietà.
«Ai pazienti piace essere consapevoli del proprio stato – prosegue Singali – e invece spesso lamentano di ricevere notizie pressappochiste e frettolose, che li privano di autodeterminazione, diritto all’informazione e dignità. Bisogna essere capaci di andare oltre quelle procedure di accesso all’altro che, in quanto predefinite cancellano la sua alterità, puntando su un ascolto “attivo”. Per provocare il cambiamento è necessario ascoltare, individuare i bisogni e coinvolgere i cittadini nella ricerca di soluzioni. Come dice l’autore Sandro Spinsanti: “Essere curati non vuol dire essere oggetto di un atto di benevolenza ma esercitare un diritto di libertà e responsabilità”.
Redazione NurseTimes
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