Infermiere dipendente della Asl di Chieti, lavorava anche nelle cooperative. Condannato dalla Corte dei Conti: dovrà risarcire l’Asl di 53mila euro
All’azienda sanitaria deve dare 53mila euro la Procura aveva chiesto il triplo dei soldi. Gli accertamenti partiti dopo l’interpellanza presentata da un consigliere regionale.
Una sentenza che discrimina ancora una volta gli infermieri dipendenti della pubblica amministrazione. Purtroppo vista l’esclusività di rapporto regolata sul CCNL, colpisce gli infermieri del settore pubblico perchè non potrebbero svolgere un’altra attività. Mentre per i dirigenti il vincolo dell’esclusività è esclusa.
Un infermiere dell’Asl, M.D. le sue iniziali, è stato condannato dalla Corte dei Conti dell’Abruzzo a pagare oltre 53mila euro alla Asl, somma alla quale dovrà aggiungere rivalutazione e interessi legali. L’indagine, condotta dalla Guardia di Finanza, era scattata in seguito all’interpellanza di un consigliere regionale sulla presunta incompatibilità dell’uomo che mentre era dipendente dell’Asl, aveva ricoperto anche le cariche di amministratore e collaboratore in alcune cooperative, fra il 1999 e il 2013, percependo complessivamente oltre 158 mila euro.
Tutto ciò era avvenuto sicuramente in assenza delle necessarie autorizzazioni da parte dell’Asl, che nei confronti dell’infermiere ha avviato un procedimento disciplinare conclusosi con la sospensione del dipendente dal servizio e dallo stipendio per 3 mesi.
Secondo l’ufficio disciplinare si era configurato un palese conflitto di interessi avendo avuto l’infermiere un chiaro interesse personale e professionale al buon funzionamento delle società che svolgono, peraltro, attività a carico e per conto dell’Asl come l’assistenza domiciliare integrata.
L’infermiere, insomma, in base ai principi generali di correttezza e buona fede mai avrebbe potuto assumere quegli incarichi.
Ma soprattutto avrebbe avuto l’obbligo di riversare, proprio alla Asl, cioè alla sua amministrazione di appartenenza, quei compensi percepiti nelle vesti di lavoratore Co.co.co. e di collaboratore.
La disposizione che sancisce l’obbligo del versamento o del riversamento è chiara, si legge tra l’altro nella sentenza. E di fatto a nulla è valso il fatto che l’infermiere avesse restituito i compensi alle cooperative, cioè ai soggetti che li avevano erogati. “La violazione – si legge ancora nella sentenza – non può certamente venir meno a causa del le successive vicende interne alle parti, meno che mai può ammettersi l’effetto liberatorio in casi come questo in presenza di enti privati, in relazione ai quali la retrocessione del compenso da parte del dipendente pubblico potrebbe rivelarsi un efficace escamotage per eludere l’obbligo del riversamento all’amministrazione. All’infermiere, va detto, sarebbe potuta andare molto peggio poiché la Procura ne aveva chiesto la condanna a sborsare una somma di gran lunga più consistente ma la prescrizione è come se avesse cancellato i compensi percepiti fino al 2011″.
Redazione NurseTimes
Fonte: il Messaggero
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