La videoconferenza, svoltasi ieri, dal titolo “Fase2: investire negli infermieri per garantire più salute e innovare il SSN”, si aggiunge alle iniziative già promosse dalla FNOPI in questo triennio per costruire reti di relazioni proficue tra la professione e le istituzioni.
Hanno partecipato, oltre alla presidente Barbara Mangiacavalli, gli onorevoli Novelli, Boldrini, Bellucci, Marinello, Errani, Mammì (infermiere), i rappresentanti delle associazioni dei pazienti M.C. Dieci e Angelo Ricci e il dott. Maietta del CENSIS. Moderatore dell’incontro: Tonino Aceti, portavoce FNOPI.
È stata un’occasione di confronto in seguito all’ introduzione dei 9.600 infermieri di famiglia, stabilita dal cosiddetto “decreto rilancio” per potenziare la presa in carico sul territorio.
La videoconferenza si è aperta coi risultati della ricerca CENSIS-FNOPI che confermano l’alleanza vincente tra gli infermieri e i cittadini:
- il 92,7%, su un campione di 1000 italiani vorrebbero più presenza e maggiore valorizzazione per gli infermieri,
- il 91,4% ritiene indispensabile l’infermiere di famiglia per presidiare il territorio e dare risposte ai bisogni di salute in prossimità dei luoghi di vita dei cittadini,
- il 91% ha molta o abbastanza fiducia negli infermieri.
Dati significativi che ci indicano il bisogno di una sanità proattiva per i cittadini con l’incremento di almeno 57.000 infermieri in più rispetto agli attuali.
La presidente Mangiacavalli orgogliosa per i risultati della ricerca, rilancia il territorio come luogo privilegiato per la risposta ai bisogni di assistenza infermieristica, la prevenzione e il monitoraggio; insiste sulla necessità di riconfigurare tutti i sistemi di presa in carico e di continuità assistenziale poiché la risposta ai bisogni di salute è ancora culturalmente ospedalocentrica. L’ospedalizzazione è una parentesi nella vita della persona che continua fuori dall’ospedale, laddove deve continuare anche la risposta. In Friuli Venezia Giulia l’infermiere di famiglia, in 10 anni di attività, ha prodotto, in termini di esiti di salute, la riduzione dei codici bianchi del -20% e una riduzione dei ricoveri del 10%. Pertanto l’infermiere NON deve essere configurato come l’assistente del medico di medicina generale, bensì come un componente di un equipe multiprofessionale che attiva la rete di cure sanitarie e sociali, che orienta e guida il cittadino nei frammentati percorsi di cura, che pianifica, gestisce e valuta gli interventi assistenziali. “Gli infermieri non sono portatori di acqua di altre visioni” così la presidente rivendica la posizione centrale ed autonoma dell’infermiere nello sviluppo di nuovi modelli organizzativi territoriali.
Gli interlocutori intervengono ribadendo la necessità di innovare le organizzazioni del lavoro, esaltano il ruolo dell’infermiere di famiglia e promettono il loro impegno nel sostenere gli infermieri nelle iniziative parlamentari.
Parere di chi scrive è che per essere efficace, l’introduzione dell’infermiere di famiglia dev’essere solo l’avvio di una lunga stagione di riforme in grado di risolvere la crescente regressività e l’eccessiva invarianza dei servizi, delle prassi, delle organizzazioni che stanno minando l’universalismo e la natura pubblica del sistema. La politica è tristemente nota per quello che dice ma che NON fa e in sanità la politica ha da scontare parecchie “cure mancate”. È mancato il riconoscimento economico agli operatori sanitari impegnati alla lotta al covid ed è mancato un pensiero riformatore per l’ammodernamento culturale di un sistema immobile da decenni. Siamo disillusi: di aspettative tradite ne abbiamo avute già troppe. Noi ci siamo e lo abbiamo dimostrato, adesso attendiamo i fatti!
Raffaele Varvara
Fondatore di infermieri in cambiamento
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