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Infermiere accusato di 84 omicidi: voleva rianimare i pazienti per essere visto come un eroe dai medici

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Nils Hoegel, un infermiere tedesco già condannato per la morte di due pazienti è ora sospettato di aver causato il decesso di altre 84 persone nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2005

Secondo gli investigatori «la commissione d’inchiesta speciale ha certificato 84 decessi». Due anni fa, l’Infermiere sarebbe stato incriminato per l’omicidio di due anziani ricoverati nella clinica della città di Delmenhorst.

Dagli esami dei corpi, riesumati su ordine del tribunale, sono risultati presenti “farmaci in grado di provocare l’arresto cardiovascolare”.

Secondo l’accusa, l’Infermiere già condannato all’ergastolo due anni con le accuse di duplice omicidio, tentato omicidio e lesioni gravi, iniettava il farmaco per causare l’arresto cardiaco dei pazienti cercando poi di rianimarli per salvare loro la vita.

Nella mente malata dell’infermiere tutto sarebbe stato finalizzato alla ricerca di approvazione da parte dei medici e dei colleghi che, in caso di successo nella manovra di rianimazione, lo avrebbero considerato come un eroe.

Secondo i magistrati le vittime complessive potrebbero essere ben più di 84, ma non sarà possibile provarlo poiché molti corpi sono stati cremati.

Figura 1: Niels Hoegl

Hogel aveva già ammesso di aver causato la morte di 30 pazienti spingendo la polizia ad indagare ulteriormente istituendo una commissione speciale.

L’elevato numero di decessi durante i turni di lavoro presso l’ospedale di Delmenhorst e precedentemente in quello di Oldengurg, hanno indotto i responsabili delle due strutture a parlarsi, dando il via all’inchiesta.

Anche due ex primari ed il direttore di terapia intensiva di Delmenhorst sono finiti nel mirino degli indagati: per loro le accuse sono di omissioni. Sono ancora in corso le indagini sui responsabili dell’ospedale di Oldenburg.

«Avrebbero potuto evitarsi altre morti», agendo rapidamente, ha denunciato il capo della polizia di Oldenburg, Johann Kuhme, secondo cui l’ospedale della città «era a conoscenza delle irregolarità».

Simone Gussoni

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