L’azienda le contestava un debito di 26mila euro per aver continuato a percepire lo stipendio durante la sospensione dal lavoro Di seguito il commento dell’Associazione avvocatura degli infermieri.
L’infermiera era stata sospesa perché non vaccinata, ma ha continuato a percepire lo stipendio per un errore della dirigente dell’ufficio del personale. Dopo un anno l’infermiera è rientratata in servizio, accumulando un debito che l’azienda le contesta per 26mila euro. Così l’ha fatta lavorare e le ha corrisposto zero euro in busta paga, oltre a trattenerle gli arretrati contrattuali, la produttività e la tredicesima. Nel frattempo il padrone di casa l’ha sfrattata e la banca le ha contestato i mancati pagamenti del mutuo, gettandola nella disperazione più totale, anche perché non ha parenti che la possano aiutare.
L’Ufficio legale dell’Associazione avvocatura degli infermieri (Aadi) ha preparato un ricorso d’urgenza, contestando la somma trattenuta perché comprensiva delle tasse e riducendola a 18mila euro, quando la giurisprudenza stabilisce solo il netto delle retribuzioni, e ha pure contestato il prelievo totale della busta paga che non rispetta la regola del minimo vitale (non oltre il 50%). La sezione lavoro del Tribunale di Roma, riunitasi in via d’urgenza, ha accolto le domande della lavoratrice e ha condannato l’azienda a rispettare quanto l’Aadi aveva già scritto al direttore generale, che in replica aveva respinto tutte le richieste formulate, nonostante fossero state corredate da ricca giurisprudenza in materia.
Anche da uno scontro verbale avvenuto tra la dipendente e la dirigente si è palesato un astio verso l’infermiera, accusata anche di essere una approfittatrice e noi vax, e l’accanimento della dirigente si è acuito quando le è stato contestato l’errore erariale. La legge non punisce chi si approfitta dell’errore datoriale, perché ogni lavoratore ha diritto di sopravvivere e sfruttare situazioni di convenienza. Sta al datore accorgersi dell’errore entro cinque anni e recuperare quanto erogato. Per questi motivi è anche stata bloccata la procedura disciplinare in essere, così come l’Aadi ne ha bloccate e annullate altre nel resto d’Italia.
L’Aadi farà reclamo al tribunale contro la determinazione delle spese legali liquidate a metà rispetto a quanto previsto dalla legge che fissa i parametri forensi e, soprattutto, perché si nota che spesso i giudici condannano a pochi spiccioli i datori di lavoro che perdono le cause e a migliaia di euro quando invece perde il lavoratore. L’ufficio legale dell’Aadi intende reprimere questa consuetudine, che viola la legge e che scoraggia i lavoratori a far rispettare i propri diritti violati.
Redazione Nurse Timers
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