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Il tempo di vestizione deve essere pagato: la Cassazione dà ancora una volta ragione agli infermieri

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Dopo dodici anni di attesa arriva una nuova sentenza a dare ragioni agli infermieri:

La Cassazione dà dunque ragione alla Uil-Fpl di Terni in merito al procedimento riguardante quattro infermieri dell’ospedale di Orvieto, «ma tutti, compresi Oss e tecnici sanitari, che sono stati in turno – spiega il segretario Gino Venturi – possono chiedere individualmente il risarcimento rispetto agli ultimi cinque anni». In questo senso, il sindacalisti da lunedì 8 aprile saranno pronti «ad assistere gratuitamente iscritti e non di tutti gli ospedali e aziende sanitarie dell’Umbria».

La sentenza numero 3901-2019 della Corte è arrivata solo nei giorni scorsi, dopo una lunghissima diatriba legale iniziata nel 2007.

Il tribunale di Orvieto, con la prima pronuncia, ha riconosciuto come il tempo di vestizione vada retribuito, ma la sentenza impugnata dalla Asl 2 è stata ribaltata in appello, costringendo il sindacato, rappresentato dall’avvocato Maurizio D’Ammando, a ricorrere in Cassazione.

I giudici si sono espressi ancora una volta a favore del personale obbligato dal datore di lavoro ad indossare una divisa stabilendo che «in materia di orario di lavoro, nell’ambito dell’attività infermieristica, il tempo di vestizione-svestizione dà diritto alla retribuzione trattandosi di un obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene, riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto».

Occorre comunque ribadire che nel corso dei dodici anni di battaglia giudiziaria, il diritto a considerare orario di lavoro i 15 minuti previsti per prepararsi è stato ormai recepito anche nel contratto nazionale, seppure finora non sia stato applicato.

In questo senso la Uil-Fpl «apre subito le trattative con le diverse aziende per l’applicazione». Venturi, poi, ha anche spiegato che la sentenza della Cassazione apre al «risarcimento che, in alcuni casi, può arrivare ai mille euro all’anno e quindi complessivamente a 5 mila euro a testa».

Simone Gussoni

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