Oltre 28 miliardi di euro sono stati sottratti alla sanità pubblica nell’ultimo decennio. Questo sarebbe il risultato dell’opera di definanziamento che ha avuto inizio nel 2010 e che non sembra avere intenzione di arrestarsi.
A risentirne maggiormente sono state le cure essenziali, non più garantite a tutti. Tra le cause principali vi sarebbero i contanti sprechi e la progressiva crescita di fondi integrativi per ammortizzare la spesa privata per la salute.
Questo mix di fattori sta “facendo cadere a pezzi il Servizio Sanitario Nazionale”. E’ la denuncia che arriva dal quarto Rapporto della Fondazione Gimbe sulla Sostenibilità dell’Ssn, presentato alcuni giorni fa in Senato.
“Nel periodo 2010-2019 sono stati sottratti al Ssn 37 miliardi – precisa il presidente Gimbe, Nino Cartabellotta – e, parallelamente, l’incremento del fabbisogno sanitario nazionale è cresciuto di quasi 9 miliardi”, con una differenza di 28 miliardi e “con una media annua di crescita dello 0,9%, insufficiente anche solo a pareggiare l’inflazione (+1,07%)”.
“Nessuna luce in fondo al tunnel”, visto che il DEF 2019 riduce il rapporto spesa sanitaria/PIL dal 6,6% nel 2019-2020 al 6,5% nel 2021 e 6,4% nel 2022, mentre l’aumento di 8,5 mld in tre anni previsto dalla Legge di Bilancio 2019 è subordinato alle “ardite previsioni di crescita”.
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