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Hiv, guarito con trapianto di staminali il primo paziente senza mutazione CCR5-delta-32

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Hiv, guarito con trapianto di staminali il primo paziente senza mutazione CCR5-delta-32
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Si tratta del sesto caso di guarigione da Hiv dopo un trapianto di cellule staminali per il trattamento del cancro. E’ la prima volta, però, che il donatore non presentava la rara mutazione CCR5-delta-32.

Negli anni scorsi cinque pazienti affetti da Hiv e sottoposti a trapianto di cellule staminali per il trattamento del cancro sono guariti dall’infezione. Ora si è aggiunto un sesto caso, ma per la prima volta ha ricevuto le cellule da un donatore che non presentava la rara mutazione CCR5-delta-32, che elimina un recettore che la maggior parte dei ceppi dell’Hiv usa per entrare nelle cellule.

All’International AIDS Society Conference on HIV Science (IAS) 2023 è stato presentato il caso dell’uomo soprannominato il “paziente di Ginevra”, che continua ad avere Hiv non rilevabile 20 mesi dopo l’interruzione della terapia antiretrovirale (ART). Lo hanno riferito Asier Sáez-Cirión, dell’Istituto Pasteur di Parigi, e Alexandra Calm, degli ospedali universitari di Ginevra in Svizzera: “Tutti i marcatori dell’infezione sono diminuiti molto rapidamente fino a diventare non rilevabili dall’analisi classica entro pochi mesi. A oggi, 20 mesi dopo l’interruzione del trattamento, non si sono verificati rimbalzi virali”.

Questo caso è importante perché suggerisce che per ottenere la remissione dell’Hiv a lungo termine potrebbe non essere necessario l’uso di cellule staminali con la mutazione CCR5-delta-32. Se fosse così, sarebbe più facile trovare donatori idonei per i malati di cancro sieropositivi che necessitano di un trapianto.

Tuttavia gli esperti avvertono che sono necessari un monitoraggio continuo e ulteriori test, dal momento che in passato i trapianti che utilizzano le cosiddette cellule staminali wild-type non sono riusciti a eliminare l’Hiv. Mentre gli antiretrovirali possono tenere sotto controllo la replicazione dell’Hiv a tempo indeterminato, il virus inserisce i suoi schemi genetici (noti come provirus) nelle cellule ospiti e crea un serbatoio virale latente che è estremamente difficile da sradicare.

“È impossibile prevedere la probabilità di rimbalzo, ma tutte le misurazioni del serbatoio virale fino a oggi non sono riuscite a trovare nessun virus intatto – ha affermato Sharon Lewin, dell’Università di Melbourne e presidente della IAS -. Questa è un’ottima notizia, ma si tratta pur sempre di casi clinici”.

Il paziente di Ginevra

Il nuovo caso riguarda un uomo caucasico di circa 50 anni a cui è stato diagnosticato l’Hiv nel 1990 e che era stato sottoposto a terapia antiretrovirale soppressiva continua dal 2005. Nonostante il trattamento, in base ai test pre-trapianto presentava un residuo rilevabile di Hiv Rna plasmatico e Hiv Dna nelle cellule T CD4 (che riflettono il serbatoio virale).

L’uomo ha sviluppato un tipo raro e aggressivo di sarcoma ed è stato sottoposto a chemio/radioterapia su tutto il corpo prima di ricevere un trapianto di cellule staminali allogeniche nel luglio 2018. Non essendo disponibili donatori compatibili che presentavano la mutazione CCR5-delta-32, sono state utilizzate le cellule di un donatore senza la mutazione.

Il paziente ha raggiunto il chimerismo completo, a indicare che tutte le sue cellule immunitarie provenivano dal donatore. Ha sviluppato la malattia del trapianto contro l’ospite (graft versus host disease) in forma acuta e cronica ed è stato trattato con vari farmaci immunosoppressori, tra cui l’inibitore JAK/STAT ruxolitinib. Tre anni dopo il trapianto, nel novembre 2021, ha interrotto il trattamento e in seguito ha utilizzato due volte la profilassi pre-esposizione su richiesta (PrEP).

Attualmente l’uomo ha ancora una carica virale non rilevabile sia con i test standard che con quelli ultrasensibili. Dopo il trapianto l’Hiv Dna nelle sue cellule T e nel midollo osseo è diminuito drasticamente e i ricercatori sono riusciti a rilevare soltanto virus difettosi e non intatti.

Negli studi di laboratorio non sono riusciti a indurre la produzione di virus dalle cellule CD4 dell’uomo e l’Hiv Dna non era rilevabile nelle biopsie intestinali. Non sono state rilevate risposte delle cellule T specifiche dell’Hiv e i suoi anticorpi sono progressivamente diminuiti, suggerendo che potrebbe non essere rimasto più virus in grado di attivare il sistema immunitario.

“Tutti i marcatori immunologici che abbiamo analizzato non sono stati in grado di rilevare i prodotti dell’Hiv, che si tratti della presenza di provirus o di replicazione virale di basso livello o di Rna virale – ha riferito Sáez-Cirión -. Dopo il trapianto sono state trovate alcune tracce di Hiv Dna, ma le analisi approfondite hanno rivelato che erano correlate a virus incapaci di replicarsi”.

“Tuttavia non possono escludere la possibilità che il virus sia ancora presente nei “santuari” anatomici o cellulari – hanno riconosciuto i ricercatori -. Potrebbe esserci un rimbalzo virale in futuro, anche se ci auguriamo che questa situazione di remissione virale sia permanente”.

Altri cinque successi con il trapianto di cellule staminali

Solo poche persone sono state curato dall’Hiv dopo il trapianto di cellule staminali. Il primo, Timothy Ray Brown, noto come il “paziente di Berlino”, ha ricevuto due trapianti per curare la leucemia nel 2006. Il suo oncologo ha avuto l’idea di utilizzare cellule staminali con la mutazione CCR5-delta-32, ipotizzando che potessero curare sia il cancro che l’Hiv. Il paziente ha interrotto la ART al momento del suo primo trapianto e la sua carica virale non è rimbalzata. Nonostante l’analisi diffusa su sangue, intestino e altri tessuti, i ricercatori non hanno trovato tracce di Hiv in grado di replicarsi. Al momento della sua morte, nel settembre 2020, era libero dall’Hiv da oltre 13 anni.

Al CROI 2019 è stato presentato il caso di Adam Castillejo, soprannominato il “paziente londinese”, curato dall’Hiv dopo un trapianto di cellule staminali per trattare il linfoma di Hodgkin da un donatore con una doppia mutazione CCR5-delta-32. Ha interrotto la ART nel settembre 2017, un anno e mezzo dopo il suo trapianto, ed è tuttora libero dall’infezione.

Al CROI 2022 è stato riportato il caso di una donna di mezza età affetta da leucemia sottoposta a un trapianto utilizzando una combinazione di cellule del sangue del cordone ombelicale con la mutazione CCR5-delta-32 e cellule staminali adulte parzialmente abbinate da un parente. Ha interrotto la ART tre anni dopo il trapianto e rimane libera dall’Hiv.

Allo IAS 2022 è stata la volta di Paul Edmonds, il “paziente di City of Hope”, che ha ricevuto un trapianto di cellule staminali resistenti all’Hiv all’inizio del 2019 e ha interrotto la ART due anni dopo, attualmente in remissione a lungo termine.

Sempre al CROI 2022 è stato riportato il caso di Marc Franke, il “paziente di Düsseldorf”, che ha ricevuto un trapianto di cellule staminali da un donatore con una doppia mutazione CCR5-delta-32 più di un decennio fa e ha interrotto la ART quasi cinque anni fa. È ancora libero dall’Hiv e di recente è stato dichiarato guarito.

Redazione Nurse Times

Fonte: PharmaStar

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