La presidente della Federazione nazionale Collegi Ipasvi, Barbara Mangiacavalli, commenta l’introduzione dell’anticipo pensionistico che riguarderà 10-12mila infermieri. “Ma il lavoro negli ospedali non è solo gravoso”
ROMA – Gravoso, ma non ancora usurante: non una questione di lana caprina, ma una differenza sostanziale per gli infermieri italiani, ai quali è offerta la possibilità (dal 17 giugno al 15 luglio) di poter presentare domanda per la cosiddetta “Ape sociale”.
Il lavoro degli infermieri, per adesso, è stato inserito tra quelli ritenuti gravosi e questo permetterà di accedere all’Ape sociale per coloro che, prima di raggiungere l’età e i requisiti di legge, potranno essere accompagnati alla pensione. L’indennità vale come la rata mensile di pensione al momento dell’accesso alla prestazione (se è meno di 1.500 euro) o uguale a1.500 euro se la pensione è pari o maggiore a questo importo. Resta, però, quella differenza tra lavoro gravoso e usurante.
“Ci siamo battuti a lungo – dichiara la presidente della Federazione nazionale Collegi Ipasvi, Barbara Mangiacavalli – per far riconoscere alcuni aspetti della nostra professione come lavoro usurante e non ci arrenderemo, anche se la strada appare complessa. Per ora abbiamo ottenuto di essere stati inseriti dal Parlamento tra i lavori gravosi. E’ il primo passo positivo che si concretizza”.
La questione, insomma, resta aperta: “Non si può fare una questione di numero di ore per i turni di notte (sono quelli che di più caratterizzano i lavori usuranti) quando chi li assolve ha le responsabilità che hanno gli infermieri e lo stress lavorativo che ne consegue. Questo è un altro parametro per considerare un lavoro usurante”.
La presidente Ipasvi spiega che turni massacranti come quelli a cui sono sottoposti ormai gli infermieri si traducono per loro secondo le evidenze cliniche e numerosi studi internazionali in disturbi del sonno, problemi digestivi, stress, aumento di peso, malattie dell’apparato gastroenterico, effetti sulla sfera psicoaffettiva e disturbi cardiovascolari con un aumento del 40% del rischio di malattie coronariche.
Conseguenze classiche dei lavori usuranti. “Gli infermieri oltre i 63 anni e fino all’età della pensione – prosegue la Mangiacavalli – non sono molti, circa 10-12mila. Tuttavia al di là della quantificazione economica che l’Ape sociale può eventualmente concedere ad alcuni di loro, è davvero importante che ci sia intanto e solo per il momento una codifica ufficiale della gravosità della nostra professione”. E sulla gravosità del lavoro negli ospedali anche la giurisprudenza è chiara: “La recente sentenza della Cassazione (14313/2017, Sezione Lavoro) – chiosa la presidente Ipasvi – che ha condannato un’azienda sanitaria al risarcimento del danno a un professionista sanitario morto di “superlavoro” alla fine degli anni ’90 è un segnale che chi lavora per tutelare la salute degli altri davvero mette a rischio la propria. Un lavoro più usurante di così è difficile da trovare direi”.
Salvatore Petrarolo
Foto: web
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