Legacoop pronta al grande salto, lo spazio aperto dalle incomprensibili dichiarazioni dell’Assessore Saccardi all’inizio del mandato (fonte iltirreno.gelocal.it), “..aprire un più ampio ruolo per il privato-sociale”, è stato immediatamente occupato dalle dichiarazioni del Presidente dell’Associazione delle Cooperative Toscane.
Roberto Negrini non si è fatto pregare ed a latere della presentazione del rapporto economico di Legacoop ha voluto subito precisare “..si tratta di capire in quale settore la Regione ha intenzione di fare un passo indetro, dopodiché, una volta che si avrà chiaro il quadro delle attività che rimarranno in mano al pubblico e di quelle che invece saranno cedute al privato, ci organizzeremo per poter candidarci anche noi ad una loro gestione”. Negrini si spinge oltre ipotizzando investimenti per la gestione della diagnostica, sottolineando che nessuno pensa ad “interventi a cuore aperto”. (fonte iltirreno.gelocal.it del 08/08/2015)
Ci conforta molto, a noi residenti nella ex Regione che deteneva uno dei migliori SSR, venire a conoscenza che non saremo operati in qualche Ambulatorio gestito da Legacoop, ma restiamo al quanto basiti di come si riesca a parlare di “sanità” e di “diagnostica” come se fossero nuove linee di produzione da inserire in un qualsiasi stabilimento industriale.
Ci conforta assai meno sapere che Legacoop Toscana dichiari di essere pronta, evidentemente “qualcuno” deve averli avvisati dell’imminente apertura da parte dell’Assessorato.
Ma quello che ci spaventa maggiormente è ciò che rappresenta Legacoop e questa continua associazione al privato-sociale. Definire l’azione di un soggetto privato attribuendogli una valenza sociale immediatamente sembra che il “profitto” non sia dirimente alla gestione aziendale ma ciò che lo caratterizza sembra essere la beneficienza.
Sgombriamo il campo dagli equivoci: Legacoop non fa privato-sociale per il bene della comunità, Legacoop fa impresa. Fare impresa in questo Paese non è reato, anzi, il problema è se il tuo fare “impresa” ha leggeri ma legittimi vantaggi rispetto a qualunque altro imprenditore: essere Azienda Cooperativa in questo Paese da quel leggero vantaggio.
Prima di giungere a qualsiasi analisi, vediamo cos’è Legacoop.
Legacoop riunisce attorno a se circa 15mila cooperative. Dal 2011 ha dato vita insieme a ACGI e Confcooperative all’Alleanza delle Cooperative Italiane. Questa unione rappresenta 43mila cooperative, con 12 milioni di soci, 1 milione e 200mila occupati e 127 miliardi di fatturato.
Numeri da Holding Internazionale.
Legacoop non è soltanto numeri e fatturato, non è soltanto donne e uomini che lavorano nelle cooperative di servizi ma anche tanto altro, un altro non sempre limpido e in sintonia con le logiche cooperativistiche. Un esempio per tutto: il caso di CPL Concordia.
Perché dunque dovrebbe scandalizzare una scelta “imprenditoriale” fatta nelle più assolute regole previste dalla legge?
Nessuno scandalo, ma dobbiamo decidere quale sanità vogliamo per il futuro.
Le parole dell’Assessore non lasciano molti dubbi: si risparmia accordando ad un “privato” le attività del pubblico. Il Pubblico mantiene le sue prerogative soltanto dove gli aggrada ovvero centralizzando nei grandi centri urbani e lasciando scoperta la periferia ed affidando a terzi la gestione dei servizi.
Vista in quest’ottica più che un sospetto diventa una certezza il fatto che non si tratterebbe di una sinergia Pubblico/Privato ma di una delega in bianco nella quale non possiamo prevedere esiti futuri e soprattutto probabili storpiature.
Occorre sottolineare che aprire al Privato-Sociale, tralasciando nuovamente questa definizione tutta italiana, sarebbe la spinta decisiva per far perdere al Sistema Pubblico quello la sua prerogativa fondamentale ovvero l’universalismo.
In un momento complesso e più volte denunciato da vari esperti, azzardare scelte come quelle paventate sarebbe pericoloso, si imboccherebbe una strada di cui non conosciamo la destinazione e soprattutto con il rischio di non poter invertire il senso di marcia.
Le perplessità sono molte e non vogliono essere basate solo da spinte ideologiche di difesa alla Sanità Pubblica ma si alimentano all’interno di diverse considerazioni che hanno invece un carattere professionale.
Uno degli ultimi articolo di Salute Internazionale, a cura del Prof. Gavino Maciocco, nel criticare la riforma sanitaria messa a punto dalla Giunta Regionale pone l’attenzione su alcuni aspetti che come Professionisti dovremo valutare attentamente. (www.saluteinternazionale.info art. del 28/09/2015)
Tralasciando la parte di critica, condivisa, sulla scelta di una manovra che punta l’obiettivo altrove e non certo quella di migliorare una situazione che è figlia di un sistema di leggi e di riformicchie che non hanno prodotto alcun risultato soddisfacente in termini di accessibilità e di qualità dei servizi (Società della Salute, i vari Estav, le aree vaste).
In una regione dove vi è una crescita dell’aspettativa di vita, l’80% delle risorse assistenziali sono assorbite dalle malattie croniche.
In un quadro così delineato appare piuttosto chiaro che la nostra classe professionale ha molto da dire in termini di impegno e di risorse.
I collegi IPASVI Toscani hanno da giocare una partita complessa che deve essere prodiga di proposte che possa dare slancio alla Professione Infermieristica. Gli Infermieri possono essere protagonisti solo se verrà loro data l’opportunità di essere “garanti” della Salute dei Cittadini come si deve ad una Professione Sanitaria.
Molti studi dimostrano che attraverso l’utilizzo ottimale delle risorse professionali si possono ridurre i costi della Sanità. Gli infermieri possono essere portatori di quella conoscenza scientifica di gestione delle cronicità che di fatto liberano la classe medica da improprie attività.
Urge, ma questo è un problema che riguarda la professione tutta, affrontare con piglio e decisione la questione della Prescrizione Infermieristica per poter dare all’Infermiere la possibilità di intervenire in maniera autonoma (all’interno di un percorso multi-disciplinare) sulla gestione del paziente.
Essere portatori di uno spirito di innovazione per riportare la programmazione sanitaria al centro dell’azione politica è quanto mai necessario di fronte a spinte controriformiste di una classe dirigente che sta semplicemente spostando il problema peggiorando di fatto la qualità di accessibilità dei cittadini al bene prezioso della tutela della salute.
Chi vi scrive non vede nella libera iniziativa imprenditoriale il male assoluto. In un Paese con le nostre difficoltà occupazionali è chiaro che aprire a nuove possibilità di impiego è un bene, semmai chiederci le condizioni con cui si andrà a svolgere una professione sanitaria è assolutamente lecito e doveroso.
Come Infermieri siamo piuttosto scettici sulle potenzialità del sistema cooperativistico di gestire le alte professionalità che la Sanità propone. Gli Infermieri già lavorano nel mondo cooperativistico, conoscono perfettamente le difficoltà che stanno affrontando e il livello di sfruttamento intellettuale che subiscono.
Forse sarebbe giunto il momento di liberare le Professioni Sanitarie da questo inghippo che ha tanti padri e tante madri.
Insomma, il problema da qualunque parte lo si guardi è complesso ma sembra che esista una sola soluzione: privatizzare.
La partita rimane aperta ma il tempo sta scadendo: ai nostri dirigenti la capacità di invertire il pronostico.
Piero Caramello
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