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Fabbri (Simeu), appello alla politica: “Dare priorità alla medicina d’urgenza”

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Fabbri (Simeu), appello alla politica: "Dare priorità alla medicina d'urgenza"
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Intervistato da Verità&Affari, il componente dell’ufficio di presidenza e coordinatore dell’Osservatorio nazionale Simeu, Andrea Fabbri, analizza le criticità dei pronto soccorso italiani e chiede interventi risolutivi.

La Società italiana della medicina d’emergenza-urgenza (Simeu) lancia un nuovo appello alla politica, auspicando maggiori investimenti nei pronto soccorso. Lo fa attraverso le parole di Andrea Fabbri, componente dell’ufficio di presidenza e coordinatore dell’Osservatorio nazionale Simeu, il quale chiede di “dare priorità alla medicina d’urgenza, che è la spina dorsale del Servizio sanitario nazionale”. Perché “senza il pronto soccorso, crolla tutto”.

Fabbri entra quindi nei dettagli: “Serve un intervento che dia priorità alla medicina d’urgenza e che, all’interno del sistema sanitario, fissi chi fa cosa, per evitare l’ingorgo nei pronto soccorso, che soprattutto in estate e durante le festività si trasformano negli unici posti di accoglienza per chi ha problemi di salute, anche se non urgenti”.

E ancora: “Abbiamo finito le parole. Sono ormai quattro anni, dal 2019, che abbiamo rappresentato tutte le difficoltà della rete dell’emergenza, che partono dall’incapacità di avere personale perchè è diventata una professione molto difficile. I professionisti abbandonano il mondo dell’urgenza. Un anno e mezzo fa mancavano circa 4mila medici su circa 12mila, cioè il 30%. Questo 30%, non essendo stato adottato alcun provvedimento efficace, resta scoperto. E anzi, visto che si perdono circa 1.000 medici l’anno, la situazione è peggiorata. Stimiamo di essere arrivati a quota 5mila”.

Prosegue Fabbri: “Il pronto soccorso diventa sempre più la sede dove i cittadini cercano risposte a problemi che non trovano risposte in altri settori della sanità. Penso alle visite ambulatoriali, alle visite specialistiche, agli esami strumentali, alla necessità di ricoveri, che però non hanno nulla a che vedere con i problemi dell’urgenza, come per gli anziani o i malati oncologici. E così il pronto soccorso si trova strangolato anche dalle difficoltà degli altri servizi, per la mancanza di medici di ogni genere, oltre che dall’aumento della domanda, non di urgenza, ma generica”.

Sempre Fabbri: “Il pronto soccorso si trova a risolvere una questione di ordine sociale e fa naturalmente una gran fatica, perchè esce dal suo ambito specifico di competenza. A questo si abbina la madre di tutti i problemi, ossia la questione del posto letto per il paziente da ricoverare, che condiziona tutto il resto. Quando un paziente non riesce a trovare il posto letto per difficoltà dell’ospedale nel garantire il servizio, è ovvio che il paziente resta in pronto soccorso in attesa di ricovero. Dei pazienti da ricoverare, almeno il 30% attende il posto letto ore, in alcuni casi giorni. E si tratta di pazienti che, avendo l’indicazione al ricovero, hanno evidentemente problemi di una certa consistenza”.

Tali criticità, secondo Fabbri, sono all’origine dell’elevato tasso di abbandono degli specializzandi (circa il 30%), che in corso d’opera si accorgono di essere chiamati a svolgere una funzione diverse da quelle proprie dell’emergenza, peraltro in condizioni di sovraccarico: “Se è vero che il 50% dell’attività di pronto soccorso riguarda problemi di carattere minore, è vero pure che i professionisti si devono occupare di questioni che non sono proprie del mondo dell’urgenza. Questo è uno dei motivi per cui i giovani medici abbandonano la medicina d’urgenza” precisa. Del resto, se manca il 50% del personale, un medico deve lavorare il doppio. Senza dimenticare denunce, violenze, aggressioni. Insomma, mettendo tutto assieme, diventa una vita impossibile”.

Per Fabbri bisogna quindi fare ordine: “Il sistema attuale fa si che il paziente scelga dove andare. Se ha un problema, può decidere in autonomia di recarsi in pronto soccorso, dal medico di famiglia o da un altro medico. Ecco, proprio la mancanza di regole fa in modo che si vada in pronto soccorso anche solo per una certificazione. Ci vuole un provvedimento speciale che riattribuisca al pronto soccorso la figura dell’urgenza nell’ambito della cura dei pazienti, evitando situazioni come queste. Bisogna limitare l’accesso libero al pronto soccorso per qualunque problema, come avviene nella maggior parte dei Paesi occidentali”.

Spiega Fabbri: “In Europa c’è una differenza enorme tra i numeri di accessi in pronto soccorso rapportati alla popolazione. In Germania il rapporto è di 80 pazienti per 1.000 abitanti, mentre in Italia è di 300 pazienti per 1.000 abitanti. In Spagna è di 600 pazienti per 1.000 abitanti. Questo significa che il numero di pazienti che accedono al pronto soccorso è diverso in funzione dell’organizzazione sul territorio. In Germania i medici di medicina generale hanno tutto l’interesse a trattare le persone e a cercare di risolverne i problemi, perchè hanno in carico direttamente il paziente, così come nel Nord Europa, e sono remunerati sui risultati”. 

Ma allora non si tratta di un problema di fondi? “Mi hanno insegnato che quando la politica parla di fondi è perchè non vuole prendere decisioni – conclude Fabbri -. In Italia risolvere certi problemi è quasi impossibile. La salute, poi, è un argomento molto scomodo, e quindi prendere determinate decisioni a livello nazionale e regionale è quasi impossibile. Riorganizzare vuol dire cambiare alcuni presupposti fondamentali nella gestione della salute e fare delle scelte. Ancor più in una condizione di carenza di risorse, perchè bisogna fare scelte di priorità”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Verità&Affari

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