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Emilia Romagna, la nuova figura del direttore assistenziale non piace ai sindacati medici

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Emilia Romagna, la nuova figura del direttore assistenziale non piace ai sindacati medici
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Anaao-Assomed, Aaroi-Emac, Anpo, Andmo, Cimo, Fvm, Fassid, Fimmg, Snami e Sumai contestano la proposta di legge che sarà approvata in Giunta entro fine mese, per poi passare all’esame dell’Assemblea legislativa.

I sindacati medici dell’Emilia Romagna contestano la decisione della Giunta regionale di creare la nuova figura del direttore assistenziale all’interno delle Ausl. “Invece di pensare ad investire risorse per migliorare qualità e numerosità delle prestazioni sanitarie per i cittadini – affermano in coro Anaao-Assomed, Aaroi-Emac, Anpo, Andmo, Cimo, Fvm, Fassid, Fimmg, Snami e Sumai – ha come obiettivo prioritario l’istituzione di una nuova figura di alta dirigenza, non prevista nella legge in vigore, che non serve a migliorare la qualità dell’assistenza ai cittadini. Questa proposta è inaccettabile perché rappresenta semplicemente la creazione di 15 nuove poltrone a elevato costo, oltre ai relativi staff di supporto, senza alcun beneficio concreto e che, di fatto, tende a depotenziare le restanti figure manageriali e a creare conflitti tra le professioni sanitarie”.

Per le sigle sindacali si tratta dunque di una “inutile nuova figura politica, con risorse sottratte all’assistenza, e la solita vecchia politica, che viene percepita come clientelare, attraverso cui si aumentano gli effetti vessatori del management sui medici finalizzati a imporre e non ottimizzare percorsi diagnostici terapeutici e assistenziali da parte di chi non sempre può vantare competenze professionali adeguate”. Insomma, sarebbe “l’ennesima manovra politica, avvallata anche da alcune sigle sindacali, che tende a favorire percorsi di carriera delle professioni sanitarie, mortificando costantemente i medici sui quali restano inalterate le responsabilità”.

Per i sindacati medici, questioni come “appropriatezza dei percorsi, politiche di governo dei costi e gestione ottimale delle risorse non possono essere in capo a chi non ha la gestione clinica del paziente e, in particolare, a chi non ha la reale responsabilità della diagnosi e della cura dei pazienti secondo la normativa vigente”. Messa alle spalle la fase acuta della pandemia, dunque, ora “i medici sono diventati degli invisibili”.

E ancora: “Liste d’attesa interminabili per visite e interventi chirurgici non più procrastinabili, intere zone sguarnite di medici di medicina generale, ampie aree in carenza di medici 118 e case della salute divenute cattedrali nel deserto evidentemente non preoccupano più di tanto, visto che ormai i rarissimi incontri sindacali riservati ai medici hanno un unico obiettivo: convincerli che l’istituzione della figura del direttore assistenziale sia l’unico rimedio ai mali che attanagliano il Sistema sanitario regionale”.

Tale figura, tra l’altro, “sostenuta da argomentazioni fumosen viene proposta senza nemmeno precisarne i requisiti: unica certezza è la sua devozione al direttore generale e la delega a organizzare il lavoro dei medici”, che invece è “un elemento fondamentale per la gestione di diagnosi e cura e non può essere delegato a figure professionali che non ne hanno la responsabilità legale”. Secondo i sindacati dei medici, “le legittime aspirazioni di carriera delle professioni sanitarie possono affermarsi nelle rispettive differenze, ma senza confusione dei ruoli e competenze”. 

Proseguono i sindacati: “Si sta disegnando una sanità pubblica per non abbienti al ribasso, inattrattiva e inospitale per i medici e dirigenti sanitari che così facendo rimarranno sempre meno nel Ssn, con il rischio di fuga anche dei pochi superstiti. Se possono esserci diagnosi e cura senza medici che lo si dica, ma lo si faccia poi con percorsi legislativi legali e nazionali, costruiti in maniera organica, senza nascondersi dietro il paravento di commi introdotti furtivamente in una legge di bilancio del 2015, votata nottetempo e con la fiducia, che non garantiranno certo sicurezza e qualità delle cure ai cittadini italiani”.

E ancora: “Non si comprende come l’istituzione di ulteriori dirigenti, che sottrarranno professionisti alla attività assistenziale diretta, possa risolvere questioni spinose che si stanno verificando in tutte le aziende della regione”. I sindacati dei medici fanno un lungo elenco di problemi: dai pronto soccorso alla soppressione di ambulatori; da attività affidate a personale non qualificato e un mancato rafforzamento dell’organizzazione nelle aziende. Fino agli “errori programmatori di Regione e Università”, che hanno portato ad avere “migliaia di camici grigi, medici cui è stato negato il completamento dei percorsi formativi e la possibilità di stabilizzarsi nel sistema sanitario, che oggi vive una diffusa carenza di specialisti e di medici di base”.

Anche gli accordi sindacali, con “premialità mirabolanti” per i sanitari, sarebbero stipulati “con sigle che rappresentano una quota risibile di medici e dirigenti sanitari, mentre concretamente per medici, infermieri e tecnici sanitari non ci sono reali miglioramenti in termini economici o di qualità del lavoro svolto, che avviene sempre con grandi carenze di organici”.

Non si è fatta attendere la replica dell’assessore regionale alla Sanità, Raffaele Donini: “Mi era nota la contrarietà di alcune organizzazioni sindacali rispetto ad una proposta di integrazione e valorizzazione di tutte le professioni sanitarie nella programmazione strategica delle aziende sanitarie, attesa da anni da parte del territorio. Sorprendono piuttosto i toni del comunicato, a cui non corrispondono adeguate argomentazioni di contenuto”.

Prosegue Donini: “Il tema è in discussione ormai da un anno ed è stato posto in valutazione sia sul piano giuridico che in quello organizzativo ed economico. In tutte le valutazioni è emersa l’opportunità di andare avanti per la responsabilizzazione di tutte le professioni sanitarie senza che in capo alle attuali direzioni sanitarie venga tolta la funzione di sintesi dei processi clinico-sanitari. Riconoscere diritti già peraltro agiti nella sostanza non significa minimamente toglierne ad altri. Da parte mia non ho mai impedito, né tantomeno considerata conclusa ogni forma di confronto e dialogo”.

Redazione Nurse Times

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