In Spagna il Dipartimento organizza la simulazione clinica e la cura del paziente contagiato da virus Ebola. L’esercitazione mira a testare la sicurezza e l’osservanza dei protocolli anti-ebola. Lunedi 13 ottobre la prima simulazione con formazione del personale sanitario che dureranno fino a dicembre, mirati ad addestrare il personale sanitario nella cura dei pazienti con possibile virus Ebola e altri studi clinici che coinvolgono situazioni ad alto rischio di contaminazione.
Come ricorderete il contagio dell’infermiera spagnola di 44 anni, Teresa Romero che aveva contratto il virus quando faceva parte del team che si prendeva cura del missionario, Manuel Garcia Viejo, aveva messo in evidenza molte criticità nel sistema organizzativo per il contenimento del contagio da virus Ebola. Ancora incerte le cause del contagio, anche se alcuni colleghi dell’infermiera e la donna stessa hanno raccontato che potrebbe essere stata contagiata mentre si stava togliendo la tuta protettiva a termine di un trattamento su Garcia Viejo. Uno dei medici dell’ospedale, German Rodriguez, ha raccontato che proprio la collega gli avrebbe confessato di essersi toccata il viso mentre indossava ancora i guanti protettivi.
La collega contagiata dal virus è guarita come riferiscono fonti dell’ospedale Carlos III nel quale è ancora oggi tenuta in quarantena da più di 10 giorni insieme al marito. ”I tre esami fatti oggi, compreso quello di Teresa, sono negativi”, fanno sapere dall’interno della struttura ospedaliera.
Intanto, arriva il mea culpa dell’Organizzazione mondiale della Sanità per la cattiva gestione dell’emergenza: staff incompetente, nomine politiche in Africa e burocrazia. A rivelarlo è un documento interno all’organizzazione che parla di un’incapacità nel cogliere la ”tempesta perfetta che stava arrivando”. La mala gestione dell’emergenza era stata più volte sottolineata non solo riguardo alle disattenzioni dei medici nei paesi maggiormente colpiti dalla febbre emorragica, ma anche sul mancato rispetto, in molti casi, delle procedure standard anche negli ospedali occidentali, come nel caso di Dallas o di Madrid. “Nonostante le migliori intenzioni non siamo riusciti a rispettare gli elevati standard che sono il fulcro della storia dell’ospedale e della sua missione” scrive Barclays Berdan, l’amministratore delegato di Texas Health Resources, la società no profit alla quale fa capo il Texas Health Presbyterian Hospital.
In Italia invece a che punto siamo?
Lascia un commento